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Gaetano Masuzzo

Gaetano Masuzzo

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Dedicata all'anonimo

 

 

Ieri dal poeta piazzese Tanino Platania, ho ricevuto questa poesia a supporto del commento scritto dall'anonimo il 26 Luglio 2015 alle ore 14:42 sul post "A volte ritornano (i foresteri)"

 

 


Gaetano Masuzzo/cronarmerina

A volte ritornano (i foresteri)

Quella sera in pizzeria
Un recente commento di una visitatrice relativo alla poesia di due anni fa circa*, mi ha convinto a riproporvela perché, anche se molto semplice, arriva subito al cuore di chi prova da sempre amore-odio per questa città e, soprattutto, di chi ha la fortuna-sfortuna di starle lontano.
 
7 agosto 2013, ore 20,00
 
A FORESTERA, in occasione della solita rimpatriata annuale con gli amici paesani ci legge, prima della pizza, i suoi sentimenti scusandosi della non perfetta trascrizione in piazzese. Ma dato che quello che conta è il pensiero e il sentimento, ugualmente Le diciamo un grosso e commosso GRAZIE.
 
A P'ZZADA DI FORESTERI
 
A fajoma tutti l'anni, com 'nsegnal d r'conoscenza,
quasi d'affettu p coddi ch' tanti anni fa s' n' vossnu annè
fora d Ciazza pu b'sogn d travagghiu c'rchè!
E p' coss, cu na parodda nan tant s'mpat'ca,
i chiamoma "FORESTERI".
 
Ma gghiè na cosa da sutt'l'nier:
sti "FORESTERI", tutti l'ann
e quarch'dun ciù e ciù d na vota l'ann
torn'nu o m'ttent,
com a vulè scusa dumannè
o pais d'avirlu bannunè! 

Accussì, pi chiù fortunadi,
no mis d' giugnett, aost p l'autri,
a storia s r'pet... sempr codda... sempr a stissa!
Appena cumenzn a r'sp'rè a 
BEDD'ARIA FRISCA DA B'DDIA
ch gh stuzz'ca l'oggi e a fantasia,

u cor gh canta p l'emozion,
pur s'a bocca resta muta,
sti foresteri tornan
d'arrera n' l'anni da bedda gioventù,
quann d'jevan
"IU, D CIAZZA, NON ME NE ANDRÒ MAI PIÙ!"

Poi i vacanzi f'nisc'nu e pi foresteri riva u jornu d'annessn via.
S'hanna lascè d'arrera i spaddi a sol'ta
BEDD'ARIA FRISCA DA B'DDIA.
Stavota però a mus'ca cangia.
U cor n'an canta ciù...
l'oggi nan rid'nu ciù,

anzi s'annebbianu p l'emozion...
e i paroddi, nan sempr ditti,
p nan fè capì a cu t sta statu o sciancu u to rammarcu,
ch' magari nan gh crid ch'è veru,
nan su ciù i stissi d tanti anni fà!

E sì... i paroddi cang'nu.
E qual' su?
 "IU, CIAZZA, NAN MU POZZ SCURDÈ CIÙ"

ROSALBA TERMINI
(a forestera) 

 
*Per puro caso ho conosciuto l'autrice di questi magnifici versi, devo ammettere che, da non piazzese autoctona (ma ci vivo oramai da parecchio) mi ha emozionata, complimenti. Lidia Salafrica Curcuraci  

Gaetano Masuzzo/cronarmerina 

 
 

Quando scappava negli anni 30/1

Sötta u ciàngh d'u Duìliu

 Attraverso la lettura delle poesie in galloitalico del poeta-falegname Carmelo Scibona (1865-1939), apprendiamo che oltre a quei tre da me elencati nel post "Quando Scappava..." del 5 gennaio 2013, di orinatoi o vespasiani a Piazza ce n'erano almeno altri due, in punti altrettanto strategici. In questo modo i maschietti potevano evitare  di "andare, andare, andare" dietro le solite cantunère o agli angoli delle chiese e in posti più o meno appartati. Tutta questa difficoltà perché non c'era l'abbondanza di locali pubblici, bar, caffè, gelaterie, tavole calde, come adesso. Se andava bene c'era qualche cantina o d'spénza aperta e non era detto che avesse i servizi sufficientemente efficienti. Oggi il poeta ci fa sapere che sotto il piano Duilio ce n'era uno che sembrava un loculo o una piccola cappella del cimitero.

 
U p'sciarö' di Buttieddi¹
 
Sötta u ciàngh' d'u Duiliu
Ghj'è na speci d' gabbina
Dummannai l àutra mattina
A cu gh'an'a s'tt'rrè.
 
Chi gabbina! è capella,
M' rispönn' na v'sgina,
Cössa è fatta d'ordu d' Farina.
S' vo tras', a pò guardè...
 
Iè, curiös' o sölt mì,
M' v'sgin e tras' sò.
Ma qual fu a maravègghia?
Ddà va tröv: u p'sciarò.
 
Carmelo Scibona
(U Cardubu, 1935)
 
(L'orinatoio delle Botteghelle- Sotto il piano del Duilio /C'è una specie di cabina /Chiesi l'altra mattina /Chi vi hanno sotterrato. /Che cabina! È cappella, /Mi risponde una vicina, /Questa è fatta per ordine di Farina. /Se vuole entrare, la può guardare... /Io, curioso al solito mio, /Mi avvicino ed entro solo. /Ma quale fu la meraviglia? /Là vi trovo: l'orinatoio.)
 
¹E' il titolo che troviamo nel manoscritto rappresentato da un grosso quaderno a righe con copertina nera di 210 pagine I mî f'ssarî dove sotto il titolo è riportata, da altra mano e inchiostro rosso, la data 1932.

(tratto da C. Scibona a cura di S. C. Trovato, I mì f'ssarì - U Cardubu, 1997, p. 174)

Altri post sull'argomento: Quando scappava ; Pecunia non olet ; Quando scappava negli anni 30/2 ; La foto conferma "u p'sciarö".

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Edicola n. 29

Questa è l'Edicola/Cappella n. 29 in c/da Santa Croce, dedicata alla Sacra Famiglia, come si può vedere dalle statuette poste al centro del piccolo altare, dentro un tabernacolo in marmo, anche se è piena di statuette varie, come quella di Padre Pio, subito dietro la porta in ferro. Muratura robusta in pietra locale, si trova a pochi passi dalla nuova rotonda con a centro una grande croce in pietra. Sia la croce che l'edicola sono le uniche cose che ci ricordano che in quel luogo esisteva una chiesa. Infatti, sin dall'inizio del 1300 in questo sito, a Sud dell'antico centro abitato, è registrata la presenza della chiesa di Santa Croce. Allora le chiese, più o meno grandi, della nostra Città erano 17 e nel 1600 ve ne fu un'altra con lo stesso nome nei pressi della chiesa di Santa Barbara, nell'odierna via Roma. 
La grande croce (di tipo commissa o latina) in pietra, che alla base ha scolpito l'anno 1714¹ e la scritta DEVOTION insieme ad altre indecifrabili, pur essendo più piccola, ha la stessa collocazione (con direzione Ovest-Est) della traversa delle altre due che ci sono davanti la chiesa della Madonna delle Grazie dei Cappuccini (anno di costruzione 1603 ca.) e di San Pietro dei Francescani Osservanti Riformati (anno di costruzione 1606)². Forse indicava la presenza in quel sito di un convento francescano di cui, però, non abbiamo notizie. Sappiamo, però, che le tre croci erano mete di pellegrinaggio e tappe fondamentali di molte processioni religiose.

¹ La data potrebbe riferirsi non all'anno di costruzione, che deve essere invece collocato nello stesso periodo delle altre due, bensì all'anno di riutilizzo di parti della chiesa e del convento scomparsi per danni irreparabili e, perciò, a loro perenne ricordo. Tutto questo viene avvallato dai due lastroni, facenti parte dell'architrave di un grande portale, che fanno da cornice superiore del basamento della croce. 
² Quella dei Francescani Osservanti Riformati di Santa Maria di Gesù è, invece, in ferro con traversa (direzione Nord-Sud), mentre di quella che avrebbe dovuto indicare il convento dei Francescani Conventuali, poi Ospedale Chiello, non si hanno notizie.

Gaetano Masuzzo/cronarmerina.it        

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