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Gaetano Masuzzo

Gaetano Masuzzo

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Piazzesi GRANDI e piccoli / 2

Piazza Garibaldi, primi 900
Dopo le prime strofe oggi le ultime strofe del sonetto in siciliano del poeta-falegname Carmelo Scibona (1865-1939) che ci ricorda concittadini di un secolo fa che si distinguevano per virtù o difetti non comuni.
 
Òmini ranni
 
Rresta vivu lu nomu di Brusgiànu¹
Cu dda vuci e ddu tonu di supranu
Rresta eterna, di chistu gran poeta 
La canzuni "A ch' nudd' m' nqueta...".
 
Li veru sàuti li facìa Marianu
Sàuti murtali a tri e quattru 'ncranu
Spissu 'Mpalermu iva a dari provi
Turnannu a pedi cu muzzuna e angiovi².
 
E fra li ranni, fu Saru Baddotta
Dò Gnaziu Sventa Marrùggiu e Giuanninu
Cola Santoru, lu vecchju Piddotta,
Natola, sunaturi d'ottavinu³.
 
A st'òmini successi lu Mammuni,
E l'ùrtimu: Lu chjupp' ô Pirpittuni...4
 
Carmelo Scibona
(U Cardubu, 1935)
 
¹ Era Gaetano Brusciano che godeva di essere provocato e, quando era lasciato in pace ripeteva: "ah, ch' nud m' nqueta!".
² Era Mariano Caldara, sempre con la sua pipa in bocca, era specializzato nel fare salti per un grano ovvero gratis. Alla richiesta una volta a Palermo da Agenti di P.S. perché si trovava in quella città "per le prove di salti", rispose: "M'è v'nut a catè ns'càr" = "Sono venuto a comprarmi un sigaro". Da Palermo se ne tornava a piedi, soltanto con mozziconi di sigaro e qualche acciuga.
³ Erano Rosario Ballotta, don Ignazio soprannominato "Sventa" cioè lo scorreggione, un altro soprannominato "manico di zappa, piccone, bastone", un altro Giovannino, un altro Nicola Santoro, un altro ancora l'anziano Pillotta e Natola, suonatore di ottavino.
4 Gli ultimi due contemporanei erano uno soprannominato "il Mammone" e l'altro "Pirpittuni" ovvero Gaetano Speciale, il quale non era uno stupido, ma preoccupato a cercare una buona compagnia senile per avere degli eredi a cui poter lasciare la sua proprietà. Per questo divenne il bersaglio divertente dei monelli che gli gridavano: "Comu c' cadìnu l'ali, Pirpituni! Disgrazzïatu, bannunatu d'i fimmini. Pirpituni, na rrosa cincu liri". 
Secondo me l'ultimo verso deve essere inteso così: "E l'ultimo (dell'elenco degli Uomini grandi): il chiù (come veniva chiamato l'assiolo a Piazza per il suo verso) successe a Pirpittuni (a Piazza Pr'p'töngh, come veniva chiamato l'ùpupa, soprannome di Gaetano Speciale)."
 
(tratto da C. Scibona, a cura di S. C. Trovato, I mì f'ssarì - U Cardubu..., 1997, pp. 212, 213)
 
Gaetano Masuzzo/cronarmerina.it
  

Piazzesi GRANDI e piccoli / 1

Piazza Garibaldi, anni 20
 
Per darvi un assaggio delle istantanee di vita piazzese, che troviamo nelle poesie del poeta piazzese Carmelo Scibona (1865-1939), vi voglio far leggere questo sonetto in siciliano che parla di alcuni concittadini che si distinguevano per una virtù o un difetto non comune, a cavallo dell'Ottocento e del Novecento. Nel commento al componimento ci si pone questa domanda: "Che non sia la conseguenza della fusione delle varie stirpi venute in questo crogiuolo etnico linguistico?"
 
Òmini ranni
 
Fra ranni lu chjù ranni fu Pasquali¹
Fu n gèniu di cirveddu veru finu
A st'omu cussì lustru ed immurtali
Successi Peppi l'orbu e Modestinu².
 
E Mariu³, fra l'artisti fu n valuri,
La sò vuci faccìa mparadisari,
Di li ssò pezzi fici gran fururi;
"Tunnina riginedda di lu mari..."
 
Brasi, u tortu, fu n celebri tenuri4,
Tamagnu5 nun lu poti superari.
Cungetta, a torta6, ni mpazzìu d'amuri 
Pi la sò vuci e li biddizzi rrari...
 
¹ Era Pasquale Falciglia, lo stupido che il poeta, al tempo della sua fanciullezza, vedeva sempre con le pietre in mano. Una volta schiacciò la testa ad un ragazzino e si mise a gridare d'avervi trovato "sangue e materia".
² Pepi e Modestino, erano altri stupidi contemporanei.
³ Era Mario Bologna, banditore di pesce che con la sua bella voce sonora dava una tonalità diversa a seconda del pesce bandito. In questo caso gridava la tonnina, reginella del mare.
4 Era Biagio Lo Curto, altro banditore, brutto di faccia, torto di gamba e del braccio destro.
5 Era il celebre tenore torinese Francesco Tamagno (1851-1905).
6 Era Concetta a Torta, detta così perché zoppa d'un piede. Squlibrata di mente, a casa si faceva la comunione con le ostie che le fornivano i farmacisti. Diceva sempre d'essere la pecorella smarrita che veniva condotta all'ovile. 
(tratto da C. Scibona, a cura di S. C. Trovato, I mì f'ssarì - U Cardubu..., 1997, pp. 210, 211)
 
Gaetano Masuzzo/cronarmerina.it
 
 

 

Avvertenza ai cultori del galloitalico

Copertina dell'opera di Salvatore C. Trovato, 1997
 
Avvertenza ai cultori del galloitalico
 
Tutte le trascrizioni dei componimenti dello Scibona che saranno presentati su questo sito, anche se tratti dal volume nella foto (Carmelo SCIBONA a cura di Salvatore C. TROVATO, I mì f'ssarì - U Cardubu, Ed. IL LUNARIO, EN, Tip. Lussografica, CL, 1997) rispettano l'edizione originale (editio princeps) de U CARDUBU, pubblicata a Milano nel 1935 a cura dell'Avv. Nino Arena. 
Pur non avendo consultato personalmente l'edizione originale del 1935, la mia trascrizione è stata possibile perché nel volume del 1997 il Trovato, avendo potuto consultare oltre all'opera del 1935 anche i manoscritti del poeta piazzese, ha riportato in nota tutte le variazioni riscontrate rispetto alla sua versione «purgata delle gravi incoerenze ortografiche e degli errori della edizione Arena».

Questa avvertenza si è resa necessaria perché nei prossimi giorni verranno pubblicati alcuni componimenti del poeta-falegname piazzese, con relativa traduzione in italiano.

cronarmerina.it

Il poeta Carmelo Scibona / 5 e ultimo

Busto del poeta Carmelo Scibona nell'omonima villetta al Monte
 
5 e ultimo
 
(dalla 4^ parte) Secondo il mio modesto parere, l'opera di Carmelo Scibona (1865-1939) oltre alle indubbie qualità artistiche, poetiche, linguistiche e satiriche, è da ritenersi altamente preziosa, per averci tramandato uno spaccato della vita (nomi, cognomi, soprannomi, 'ngiùrie, professioni, politica, abitudini, vizi e virtù) che si conduceva nella nostra Città a cavallo dei due secoli passati. Il primo componimento dei complessivi 270 è del 1878, quando aveva 13anni, e il secondo del 1883. Pertanto, anche in mancanza di foto e di video, grazie ai versi dello Scibona, accompagnati da tante note informative, ci si può calare nella vita quotidiana dei nostri nonni per prendere, perché no, anche qualche lezione. La nostra Città al poeta ha intitolato una via e la villetta accanto alle scuole della Trinità, ex ciàngh Balilla, nel suo quartiere Monte, dove sul busto realizzato dal bravo scultore piazzese, Salvatore Martello (1948-2008), troviamo la scritta
 
CARMELO SCIBONA
POETA DIALETTALE 
PIAZZESE
 
e i seguenti versi di avvertenza che già troviamo nella prefazione dell'autore al volume U Cardubu pubblicato a Milano nel 1935:
 
È meggh a dirlu prima
Senza purtèm a strénz.
Quatr m' l'è sauvàt:
Serv'nu pa s'ménz.
 
Traduzione: È meglio dirlo prima, /Senza che mi si costringa. /Un po' [di rime,ndr] me le sono conservate: /Servono per sementa.
(tratto da C. Scibona, a cura di S. C. Trovato, I mì f'ssarì - U CARDUBU e tutti gli altri componimenti editi e inediti, Ed. IL LUNARIO EN, Tip. Lussografica CL, 1997)

Nel prossimo post ci sarà l'avvertenza ai cultori del galloitalico per la lettura dei componimenti che verranno pubblicati.   

Gaetano Masuzzo/cronarmerina.it 
 
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