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Gaetano Masuzzo

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Edicola n. 15

 
L'Edicola Votiva n. 15 è quella sulla dx all'inizio della Strada Provinciale n.15, manco a farlo apposta, che porta dai Canali alla chiesa dell'Indirizzo. Dedicata alla Patrona Maria SS. delle Vittorie è stata costruita veramente bene, abbellendo così lo spoglio muro di contenimento in cemento armato. Come si vede dalla foto, è tenuta benissimo con tanto di recinzione in legno ed è sempre con fiori e lumini. Un plauso all'autore, specialista nella pietra a vista, e ai numerosi Canalari e non che la visitano e la mantengono dignitosamente.  
Gaetano Masuzzo/cronarmerina

Ruota degli esposti 2

 
Ruota degli Esposti presso l'antico ospedale di Santo Spirito in Saxia (Roma)
 
2^ Parte
 
(dalla 1^) È del 1188 la prima vera RUOTA degli ESPOSTI, aperta a Marsiglia nell'Ospedale gestito dai religiosi dell'Ordine di Santo Spirito fondato dal Cavaliere degli Ospitalieri di Gerusalemme Guy (Guido) de Montpellier (m. 1208) grazie alla sua esperienza in Terrasanta. La casa madre dell'Ordine fu in seguito trasferita per volontà di papa Innocenzo III a Roma, dopo aver assistito alla "pesca" nel Tevere dei corpi di tre neonati abbandonati da altrettante prostitute e annegati. Il sito scelto nel 1198 fu un reparto dell'Ospedale di Santo Spirito dotato di ROTA già sorto, a due passi da piazza S. Pietro, nell'VIII secolo come centro di accoglienza dei pellegrini della comunità anglo-sassone (Schola Saxorum, Saxia). Le Ruote si diffusero rapidamente in Francia, Italia, Spagna e Grecia e il meccanismo era abbastanza semplice (nei prossimi post vi mostrerò le foto di quelli di Piazza Armerina): un cilindro in legno con una apertura in cui si riponeva il bambino, capace di girare intorno a un asse verticale. La ruota era posta possibilmente in un lato isolato dell'edificio, accanto c'era una campanella per avvisare colui che era preposto a girarla senza vedere il genitore e per questo era chiamato rotaro/a o custode. I trovatelli, che riuscivano a superare le grosse difficoltà dovute all'allattamento, alle malattie infantili o alle pessime condizioni igieniche e sanitarie degli istituti, una volta cresciuti, erano quasi sempre condannati a essere emarginati sociali, soprattutto i maschi, in quanto le femmine, almeno parte di esse, grazie alla dote fornita dai conventi o dalle varie Opere Pie (come abbiamo visto nei post dedicati ai Legati di Maritaggio del nostro Monte di Pietà), potevano sposarsi o rimanere in convento. (tratto dalla tesi di laurea degli all. architetti V. CARERI e F. CASSIBBA, Il fenomeno dell'abbandono..., A.A. 2006/07, Biblioteca Comunale di Piazza Armerina) (continua)
 
cronarmerina.it

Edicola n. 14

Questa è l'Edicola Votiva accanto alla chiesa di S. Pietro, Pantheon¹ della Città. Fa bella mostra, dopo l'ultimo restauro, a qualche metro di distanza a dx dell'ingresso principale della chiesa. Su 40 mattonelle di ceramica è rappresentata la nostra Patrona Maria SS. delle Vittorie con la scritta in latino alla base: IMAGO DEIPARAE PLATIENSIS (Immagine della Madre dei Piazzesi). 
Veramente la tradizione ci tramanda che questo era il sito di un'altra immagine miracolosa, sempre dedicata alla Madre di Gesù, ma affrescata su pietra e venerata non solo dai Piazzesi ma da tutti i Siciliani, fuori la chiesetta consacrata a San Pietro già esitente nel 1300 e che, per questo, chiamata anche Chiesa della Grazia o della Vergine della Grazia o della Madonna della Grazia. Successivamente, questa immagine fu colpita al capo della Madonna da un sasso lanciato da un giocatore ebraico, che causò l'uscita di sangue dalla ferita, in gergo locale mèrcu (anche mérch). I cittadini dopo aver punito l'ebreo, misero l'immagine all'interno della chiesa nella terza cappella a sx² chiamandola Cappella della Grazia. Da quel momento la chiesa fu chiamata anche "della Madonna del Merco" (da Madonna du Mèrcu) oltre che di San Pietro.
 
¹ Chiesa dove sono sepolti illustri cittadini.
² L'affresco odierno è ritenuto una delle due copie dell'Icona del Vessillo del conte Ruggero d'Altavilla, rappresentante la Madonna delle Vittorie, ritrovato nel 1348 dal sacerdote Giovanni Candilia. Le due copie, di cui una si sono perse le tracce, furono volute dal Magistrato Urbano subito dopo il ritrovamento.     
Gaetano Masuzzo/cronarmerina.it

Ruota degli esposti 1

 
Disegno della probabile Columna Lactaria¹ a Roma
 
1^ Parte
 
In passato di frequente si commettevano infanticidi, dovuti all'ignoranza sul tema del controllo delle nascite, al bisogno di nascondere relazioni proibite e alla povertà delle famiglie. Per questi motivi si sceglieva di abbandonare i neonati in luoghi dove avrebbero trovato la morte lontano dagli occhi dei genitori. In certi casi i problemi nascevano dal sesso del neonato e la tendenza era di abbandonare prevalentemente le bambine, data la condizione della donna impossibilitata a lavorare al di fuori della propria casa e difficile da mantenere, considerando soprattutto le spese per darla in sposa. Così, per non ucciderli direttamente, si cominciò ad abbandonare i neonati per strada, in posti poco visibili o a lasciarli morire di fame, riposti dentro grandi giare, per non essere visti o sbranati dai cani randagi. Per mitigare questa vera e propria strage i Romani istituirono la Columna Lactaria¹, una sorta di gazebo permanente, con al centro un ripiano per appoggiare sopra il bambino da esporre mettendolo in vendita come schiavo o per essere immolato nei riti pagani a fini propiziatori. In questo modo il temine esporre venne usato per indicare l'abbandono, termine usato sino ai nostri giorni, per rinunciare così definitivamente a qualsiasi diritto su di lui. Tranne qualche eccezione durante i periodi di calo demografico, i neonati continuarono a essere eliminati, sino a quando furono varate delle leggi a favore del pubblico mantenimento, sopprimendo la pratica dell'esposizione. Ma con l'arrivo dei barbari si ritornò alle eliminazioni cruente dei figli illegittimi, facendo aumentare il numero dei piccolissimi morti. E' in questo periodo che sui gradini davanti le chiese vengono deposti i neonati, nella speranza che qualcuno della chiesa se ne prendesse cura. Ma ci si accorse che i bambini deposti durante le ore notturne, morivano a causa del clima, così si pensò di costruire delle strutture riparate per accogliere gli esposti e tutelarli, per quanto possibile, dalle intemperie. Per questo sorsero, davanti gli ingressi delle chiese, separati dalla strada, ripari per piccole conche di legno o di marmo con dentro un giaciglio di piume o di lana. (tratto dalla tesi di laurea degli all. architetti V. CARERI e F. CASSIBBA, Il fenomeno dell'abbandono..., A.A. 2006/07, Biblioteca Comunale di Piazza Armerina) (continua)
 
¹ Originariamente era un luogo di ritrovo che aveva come riferimento una colonna, dove si potevano portare i bambini poveri per essere nutriti con il latte o dove si potevano assumere balie, quando le madri non erano in grado o sceglievano di non allattare il neonato.
 
cronarmerina.it

 

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