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Cronarmerina - Novembre 2024

Viaggiare alla Romana

La via Appia Antica

A proposito di viaggi di una volta, i Romani iniziarono a costruire strade per collegare le città del loro Impero sin dal III secolo a.C. Avevano imparato la tecnica dagli Etruschi ma la migliorarono riuscendo a tracciarle il più possibile in linea retta. In un primo momento servirono a far spostare le loro legioni più celermente, dopo anche per motivi commerciali, prendendo il nome dai Consoli che le promuovevono. Le truppe potevano percorrere 35-40 Km. in un giorno, ma i corrieri, che utilizzavano ottimi cavalli, arrivavano anche 120 Km. Per raggiungere Londra da Roma (5.300 Km.) occorrevano 45 giorni, Gerusalemme (3.000 Km.) 25 giorni, Costantinopoli (2.800 Km.) 20 giorni. Dalla foto si capisce che anche se pavimentate non dovevano essere molto agevoli, sia per le truppe a piedi sia per quelle sui carri e a cavallo. Ma la conquista e il raggiungimento di nuove frontiere non badavano ai dolori ai piedi e non si fermavano davanti ad alcun ostacolo. Tacito riporta quello che pensava dei Romani il capo tribù scozzese Calgaco (una specie di Braveheart): "I romani razziatori del mondo, massacrano, rapinano e lo chiamano impero. Fanno il deserto e lo chiamano pace".

*Le notizie principali sono tratte dal mensile Focus Storia.

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Soluzioni semplici, ma geniali

U sgabèllu in via Sant'Agostino, a pochi metri dalla via Mazzini

 U sgabèllu d préia

Dato che i mezzi di locomozione di una volta erano i quadrupedi, asini, muli e più raramente cavalli, questi venivano adoperati a tutte le età. Sino a quando si era giovani e baldi, salire in groppa al mezzo era abbastanza agevole, bastava uno slancio e... oplà, ma quando l'età superava gli "anta" occorreva l'aiuto di qualcosa o di qualcuno per arrivare a mettersi in sella ('ncàv a bardèdda). Se l'utilitaria era di piccola cilindrata, come gli asini, poteva bastare il gradino du catöi, ma se si trattava di un segmento più alto (muli) e l'agilità ormai non lo permetteva più, occorreva qualcosa di più alto e stabile. A tal uopo i nostri avi avevano escogitato l'uovo di Colombo, lo "sgabello fisso". Un blocco di pietra comune murato accanto al "garage", come vedete nella foto, alto circa mezzo metro. Questo semplice marchingegno consentiva di alzarsi di quel tanto per slanciare comodamente la gamba al di là della schiena del quadrupede, senza aiuto di qualcuno e senza l'ausilio di staffe varie. Inoltre, serviva pure da paraspigoli perché riparava i pilastri delle porte dagli altri mezzi di trasporto più sofisticati e più larghi, i carrètti, che spesso nelle loro manovre repentine (soprattutto al rilascio della frizione!) a largo raggio sbandavano andandoci a sbattere rovinandoli. Il problema si ripresentava al ritorno, ma in questi casi bastava avvicinarsi 'n mùrett o 'n bancönedd per riprendere la marcia e turnèr n'càsa sèmpr cu cù 'ndulurù!

cronarmerina.it

  • Pubblicato in Cose
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La Madonna al Gen. Cascino n. 0

La Madonna nell'Edicola Votiva in piazza Gen.le Cascino

  L'Edicola di Maria SS.ma del Soccorso e della Rocca

Le poche parole riportate alla base del dipinto ci fanno sapere a chi è dedicata l'Edicola n. 0 del mio censimento e il perchè si trovi in quel posto. Il titolo "del Soccorso" è chiaro che richiama il nome della chiesetta dirimpetto l'edicola (da considerare che nei primi anni dell'Ottocento ancora non c'era il cinema Ariston), già esistente nei primi decenni del XII secolo, su cui resti fu costruita la Commenda di S. Giovanni Battista dai Cavalieri Crociati Ospedalieri intorno al 1145. Infatti, tutta la zona circostante la Commenda dentro le antiche mura della Città, veniva intesa come Quartiere di S. Maria del Soccorso o del Soccorso e, dopo la costruzione della Commenda, Quartiere di S. Giovanni Battista. Senza dimenticare che le Commende nacquero soprattutto per prestare soccorso ai pellegrini e ai cavalieri di passaggio diretti o di ritorno dalla Terra Santa. Per l'altro titolo "della Rocca" bisogna sapere che proprio in questa adiacenza nel piano delle Botteghelle esisteva la chiesa (non si conoscono le dimensioni) di S. Maria della Rocca, che ho elencato nel mio libro tra le 5 chiese urbane abbattute. Rocca era chiamata la zona del quartiere Casalotto situata al di sopra dell'edicola, infatti ancora oggi esiste la via Madonna della Rocca, dove doveva esserci un piccolo castello sede per tanto tempo del Comando della Milizia Urbana della Comarca di Piazza. Inoltre, si chiamano Rocca sia il torrente, oggi sotterraneo, proveniente dall'alto del quartiere, e sia la valle attraversata dallo stesso, sotto la costa S. Francesco. Per quanto riguarda il Vescovo che concedeva l'indulgenza nel 1809, si tratta di uno dei tre Vescovi della famiglia Trigona, Mons. Filippo Maria Trigona Bellotti dei baroni di Imbaccari Sottano Terra di Mirabella e di S. Cono, nato a Piazza nel 1735 e morto nel 1824. Vescovo di Siracusa dal 1807, nel 1818 ricoprì la carica anche di Delegato per i primi adempimenti della nascente Diocesi di Piazza. Sono sicuro che chi ha letto queste righe, la prossima volta guarderà con più attenzione quest'edicola semplice ma importante o Generàl Cascìnu.
 
Gaetano Masuzzo/cronarmerina.it
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Soluzione oggetto misterioso n. 6

 
La pallina in metallo misteriosa è un astuccio che serve a contenere le palline del gioco del Lotto. Queste immesse nell'urna della foto vengono tirate fuori una alla volta per il sollazzo dei giocatori che solitamente ci rimettono più denaro di quello scommesso. L'uomo gioca e scommette da più di 5mila anni. Ma la febbre dell'azzardo venne regolamentata solo dal Medioevo. E lo Stato biscazziere ci lucra da allora... Diceva Tacito "Il vizio resisterà finché esisteranno gli uomini". Da questo vizio sono derivati alcuni termini come "azzardo" dall'arabo az-zahr = danno, "giocarsi la camicia" dal latino usque ad camisam = fino alla camicia o addirittura ad serrabulus = sino alle mutande. A buon intenditor poche parole ! E' stato un assiduo visitatore del blog a indovinare e a vincere il premio messo in palio questa volta dalla SISAL !
 
*Le citazioni in corsivo sono tratte da FocusStoria.
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Famiglia Crescimanno

Un leone in piedi d'oro traversato da una sbarra d'oro in campo azzurro
Antica famiglia di origine normanna del XII secolo denominata Crissmann. Nel 1418 Guglielmo Crescimanno frate Benedettino restaura la chiesa di S. Maria di Fundrò rimasta abbandonata, costruendovi un convento di cui è il primo Priore sino alla morte nel 1429. 1500 la famiglia Crescimanno è iscritta alla Mastra Nobile pagando una tassa alla monarchia Castigliana. 1515 tra i componenti dell'aristocrazia piazzese scoppiano contrasti che insanguinano la Città. Domina la scena il giurato Pasquale Crescimanno barone di Cametrici. 1516 Pasquale junior che si mette alla testa del popolo, in rivolta contro le gabbelle, viene espulso dalla Città. 1522 il Tribunale dell'Inquisizione processa quattro appartenenti alla famiglia Crescimanno. 1535 Lelio è barone di Spedalotto. 1599-1671 Vincenzo Crescimanno è cavaliere e commendatore dell'Ordine degli Ospedalieri di Malta e alla sua morte è sepolto nella Commenda di S. Giovanni Battista dove si può leggere la sua lapide. Altri Cavalieri Ospedalieri dell'Ordine di Malta sono nel 1622 Diego, 1701 frà Lucio, 1705 frà Antonio e Pietro, 1793 Raffaele che è anche capitano della galera "Vittoria" (ciò dimostra la presenza di diversi stemmi di questa famiglia nella nostra Commenda degli Ospedalieri di S. Giovanni Battista). Nel 1600 Giovanni Francesco Crescimanno Juvara è barone di Cametrici. Nel 1656 nasce a Scicli da Vincenzo, barone di Cametrici e da Francesca Filangeri, il padre Teatino Lucio Crescimanno, preposito della Casa di S. Giuseppe di Palermo che morirà nel 1723. 1666 Francesco è barone di Bessima, 1703 il senatore e giurato Vincenzo è barone dei feudi di Capodarso e Bubutello. 1743 nella chiesa di S. Domenico a Palermo si svolge un "auto da fé" dove sono processati il padre Benedettino Mario Crescimanno da Piazza, responsabile di un monastero di Modica, e altre quattro persone. La sentenza lo condanna a pene lievi, ma verrà nuovamente rinchiuso nelle carceri del Sant'Uffizio di Palermo dove morirà nel 1771. 1816 Massimiano è fidecommissario della Chiesa Madre. 1881 si esplorano i poderi in c/da Casale del sindaco Antonio Crescimanno di Capodarso (1824-1901). Di questa famiglia, oltre a esserci degli stemmi alla Commenda, ci sono nella chiesa dei Cappuccini, in via Capodarso e nella chiesa del Carmine.
cronarmerina.it
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L'Edicola al Gen.le Cascino n. 0

L'Edicola in piazza Generale Cascino
  L'Edicola Votiva n. 0
 
Finalmente dopo tanti anni ho potuto leggere quello che c'è scritto alla base del quadro che sta nell'edicola votiva al Generale Cascino, tra i numeri civici 11 e 12. Era da tanto che mi ripromettevo di approfondire le notizie in merito, anche perché proprio sotto la cornice c'è una targa, oggi in plastica, ma mi ricordo di averla vista alcuni anni fa in ceramica, con la seguente scritta: "Il.mo Rev.mo Mons. D. Filippo Trigona vescovo di Siracusa concede gg. 40 d'indulgenza a chiunque e quante volte reciterà una Ave a l'immagine di Maria Santissima 1809". Ebbene questa mattina, con la gentile collaborazione e disponibilità del gestore del bar vicino, Sig. Giuseppe Castellana, che dopo aver pulito il vetro che ricopre il quadro, si è approntato a fornirmi una scala a forbice, ho potuto scattare alcune foto senza la grata e nel contempo ho potuto leggere da vicino la scritta che si trova alla base. Intanto è abbastanza evidente, e io non sono un intenditore in materia, che è stato ritoccato tante volte, poi l'immagine si rifà a quella del quadro della Madonna delle Vittorie e alla base sta scritto in tre righe: "IMAGINE DI MARIA SS.MA DEL SOCCORSO SOTTO / TITOLO DELLA ROCCA PEL CASTELLO CHE ERIGRASI IN QUESTA / ADIACENZA". (continua)
 
Gaetano Masuzzo/cronarmerina.it
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1776 Turista Houël/4

Il dipinto "Ruines de Gela" di Houël rappresentante i ruderi della Villa Romana
Considerazioni del Prof. I. Nigrelli - 2^ e ultima parte
"E' chiaro che certe cose le riferisce per sentito dire, non per averle viste, mentre quando scrive di ciò che ha visto personalmente non sbaglia, come quando scrive che l'antica Gelentium era attraversata dal fiume Giaccio (cioè fiume Giozzo, come si chiama la prima parte del fiume Gela più vicina alla città) e che essa distava da Piazza tre miglia, come aveva scritto Fazello e che è esattamente la distanza che corre tra il Casale e la città. E se, a confermare il fatto che egli vedeva nelle rovine del Casale i resti di Filosofiana de Gelesi e quindi della Gela mediterranea ipotizzata da Cluverio e sostenuta entusiasticamente da Chiarandà, non bastasse la descrizione che fa dei ruderi emergenti dal noccioleto, c'è il disegno "Ruines de Gela" che ha lasciato in due diverse redazioni, una conservata all'Ermitage e l'altra al Louvre; di tali ruderi la poco scrupolosa redattrice del catalogo parigino, Madeleine Pinault, scrive che esse si trovano addirittura a Licata, mentre la redattrice russa del catalogo italiano, Assia Kantor Gukovskaya, leggendo più attentamente il testo di Houel, giustamente li colloca nei dintorni di Piazza. Fu in seguito ad una mia visita al Louvre del 1990 che mi convinsi che nel disegno era rappresentato l'acquedotto della villa romana del Casale e pubblicai questa mia scoperta nell'aprile del 1991 nel n° 1 della rivista "Sicilia illustrata" con il titolo "Houel, Gela mediterranea e la villa romana di Piazza Armerina", riprendendo l'argomento nel luglio dello stesso anno nella rivistina piazzese "O. C." con il titolo "Il tesoro sotto i noccioli"; l'allora dirigente della sezione archeologica della Soprintendenza ebbe copia di tali riviste ma, quando organizzò questa discutibile mostra fotografica in una sala della villa, espose il disegno di Houel, ma si dimenticò di citare chi gliel'aveva fatto conoscere. 
Chiudo questa divagazione leggendo il gustoso quadretto di vita, cui assistette durante la sua visita a Piazza e che ci fa conoscere una Sicilia ancora del tutto priva di strade, in cui non esistevano nemmeno carretti e i signori potevano usare le carrozze solo nelle principali città dell'isola, mentre per viaggiare da una città all'altra si andava a dorso di mulo o cavallo e le signore andavano in lettiga." 
*Le Traduzioni e le Considerazioni sono state tratte "Dalle relazioni dei Regi Visitatori a quelle dei viaggiatori di commercio" sul sito web.tiscali.it/università popolare, 1999, Ignazio Nigrelli/Università Popolare del Tempo Libero Ignazio Nigrelli di Piazza Armerina.
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1776 Turista Houël/3

Houël (1735-1813) ritratto da F. A. Vincent nel 1772
 

Considerazioni del Prof. I. Nigrelli - 1^ parte

La traduzione che ho riportato nelle prime parti è accompagnata dalle seguenti considerazioni del prof. Ignazio Nigrelli tratte sempre da "1999, Ignazio Nigrelli/Università Popolare del Tempo Libero Ignazio Nigrelli di Piazza Armerina" che è bene rileggere con molta attenzione:
"Houel non era uno storico, né un archeologo, ma solo un appassionato di antichità che si aggiornava leggendo ciò che trovava scritto sulle località che visitava e certamente aveva letto Fazello, Cluverio, d'Orville e Chiarandà, ma da buon dilettante finisce per fare un po' di confusione. Egli mostra di credere, per esempio, che Gelensium (non Gelentium) e Philosophiana fossero due centri abitati distinti, scrivendo solo in nota che "alcuni autori pretendono che Gelensium si chiamò anche Philosophiana", mentre sappiamo che Gelensium Philosophiana è il nome di una delle tappe (stationes) che l'Itinerarium Antonini riportava nella strada militare romana Agrigento-Catania; inoltre, contrariamente a quanto asserisce nella nota, il nome Filosofiana non è mai stato assunto da nessuna montagna, in quanto la contrada Sofiana, sede di un notevole insediamento di età romana di cui avrà forse sentito parlare e che dall'antico nome certamente deriva, si trova su un pianoro e non su una montagna. E' evidente che egli, seguendo l'indicazione del Cluverio, individua nei ruderi del Casale l'antica Filosofiana dei Gelesi, ma poi contamina l'opinione di Cluverio con quella del Chiarandà e fa trasferire gli abitanti di tale città ad un miglio di distanza in cima ad un monte "dove oggi si trova un eremo" quello di Piazza Vecchia) e dove la nuova città assume il nome di Pluzia; distrutta questa dai Saraceni, sarebbe risorta poi dalle sue rovine "ai piedi della montagna", cosa che non ha fondamento.
 

*Le Considerazioni sono tratte "Dalle relazioni dei Regi Visitatori..." sul sito web.tiscali.it/università popolare, 1999, Ignazio Nigrelli/Università Popolare del Tempo Libero Ignazio Nigrelli di Piazza Armerina.

** Domani la 2^ parte delle Considerazioni.

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