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Cronarmerina - Novembre 2024

I Ciancianèddi

Quando le automobili erano ancora da inventare i ciancianèddi, di cui nelle foto vediamo due esemplari, erano le odierne colonnine di posteggio. Ancora oggi ne troviamo a dozzine sui muri  delle nostre strade, in specialmodo in quelle un po' interne rispetto alle più trafficate. Quasi ogni famiglia aveva un quadrupede (asino o mulo, raramente un cavallo) utilizzato per i trasporto dei prodotti agricoli, e per gli spostamenti nei "fine settimana" fuori città. Pertanto, in ogni abitazione al pianoterra c'era la stanza-ricovero con la rispettiva mangiaöra, per i rifornimenti carburante e i cambi olio, e all'entrata e all'uscita dal garage i ciancianèddi permettevano di legare il "mezzo" per non farlo spostare, una sorta di freno a mano altrimenti chiamato di stazionamento. Quelle più comuni erano in ferro, in italiano anello con gànghero, quelle più rispettose del paesaggio, e forse più economiche, erano in pietra locale con un foro al centro e murate ben bene (cioè con l'antifurto sempre innestato). Se si passa davanti a qualche edificio prima adibito a mulino, se ne possono contare diverse ad altezza di "utilitaria". Quasi sempre, accanto alle colonnine di una volta, è possibile trovare tuttora un altro optional sempre in pietra, di cui vi mostrerò una foto prossimamente.

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1776 Turista Houël/2

Acquedotto Villa Romana del Casale
Il dipinto al Louvre di Houël che rappresenta l'acquedotto nella foto in alto
 

Parte II

"Quando questa fu distrutta, i suoi abitanti si rifugiarono alla sommità d'un monte, ad un miglio di distanza, dove oggi c'è un eremo. Là essi fondarono un abitato chiamato Pluzia: esso fu distrutto dai saracini; e la città di Piazza si innalzò dai suoi ruderi ai piedi della montagna. Da Pluzia per corruzione il tempo ha fatto Piazza. L'antica Gelentium era attraversata dal fiume Giaccio, a quattro miglia al disotto della sorgente e a tre miglia al di sotto del luogo dove ora si trova Piazza. Essa era situata presso una montagna poco elevata, che si chiama Philosophiana. Ho visto ancora in questo luogo degli ammassi considerevoli di rovine, ma circondate, e spesso nascoste da noccioleti, che si coltivano in gran quantità in questo paese. Sotto questi alberi e sotto delle macchie ho visto molti pezzi di muro, alcuni rettilinei che formano degli angoli di diversi gradi, altri che formano delle linee circolari: ho notato dei muri dallo spessore di sette-otto piedi (cioè oltre 2 metri) e della lunghezza di otto tese (cioè 120 m.) dove si vedono ancora arcate e nicchie poste alternativamente e diaposte in linea diritta. Le pietre di questa costruzione erano intagliate molto bene e della grandezza dei mattoni greci che ho già descritto. Questo pezzo mi parve di esecuzione bellissima. Vidi anche una vasca, che in questo paese si prende per un bagno, me è un errore: essa ha una lunghezza di 42 piedi (23,65 m.) contro 4 piedi e sei pollici di larghezza (1,45 m.). Ho visto tra le rovine un pezzo di vaso di marmo la cui forma sembrava essere stata quella di una ciotola. I proprietari, scavando per piantare degli alberi, hanno trovato frammenti di statue, basi, architravi e tronchi di colonna di marmo ed altri resti."

*La traduzione è tratta "Dalle relazioni dei Regi Visitatori a quelle dei viaggiatori di commercio" sul sito web.tiscali.it/università popolare 1999, Ignazio Nigrelli/Università Popolare del Tempo Libero Ignazio Nigrelli di Piazza Armerina.

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1776 Turista Houël/1

Il francese Jean-Pierre Houël (1735-1813), pittore e incisore della corte di re Luigi XVI, visita la Sicilia per la prima volta nel 1770, per poi tornarci nel 1776. Nel 1785 pubblica a Parigi i quattro volumi de "Voyage pittoresque des isles de Sicile, de Malte et Lipari" di cui vedete il quarto tomo nella foto. A questa pubblicazione allega ben 264 incisioni e molti disegni a inchiostro di china acquarellati, lasciandoci un precisa testimonianza dello stato di conservazione dei resti antichi che incontra lungo il percorso siciliano. Proprio a pag. 55 del quarto volume della sua opera, dopo Pont de Capitarso, c'è il reportage dal titolo De Piazza che precede quello su Caltagirone della pagina successiva. Eccovi la traduzione tratta "Dalle relazioni dei Regi Visitatori a quelle dei viaggiatori di commercio" sul sito web.tiscali.it/università popolare, 1999 Ignazio Nigrelli/Università Popolare del Tempo Libero Ignazio Nigrelli di Piazza Armerina.
 
Parte I
"Dopo aver visitato Castrogiovanni, mi recai a Piazza, i cui dintorni mi hanno incantato per la quantità di alberi che vi si coltiva e che adornano i posti più belli. Questa città è una di quelle che io preferirei abitare a causa della bellezza dei suoi dintorni e della quantità d'acque che vi si vede circolare da tutte le parti. Piazza non è che una città moderna: essa deve la sua origine alla distruzione d'una borgata o villaggio, che si era formata dai resti dell'antica città di Gelentium."

*Domani la seconda parte.

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L' UFO di Creta

Quello che può sembrare un UFO è il Disco di Festo. Il disco in terracotta, di 16 cm. di diametro e 16 mm. di spessore, è stato trovato nella città di Festo sull'isola di Creta nel 1908 da una spedizione italiana guidata dall'archeologo romano L. Pernier e dal roveretano F. Halbherr. Datato intorno al 1700 a.C. è ricoperto di simboli impressi in ambo i lati con stampini quando l'argilla era ancora fresca. I simboli, che in totale sono 241, sono rimasti anora indecifrati. 

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Famiglia Crapanzano

D'oro alla banda di rosso caricata dal leone d'oro
Famiglia originaria della Catalogna, nel 1270 ca. Antonio Crapanzano è governatore di Terranova (Gela). A Plaza nel 1396 Ruggero è uno dei capi del partito Catalano contro il partito Latino e nel 1401 ricopre la carica di Capitano esercitando continui abusi di potere, verrà destituito soltanto nel 1448. 1411 Minotta di Crapanzano è ambasciatore della città presso la regina vicaria Bianca di Navarra.
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Ospedale di Piazza/4^ sede - 4° nome

Chiostro S. Francesco ex Ospedale Chiello

Nel 1648 la gestione dell'Ospedale di S. Spirito, oltre all'Opera dei Trovatelli e al Monte di Pietà, passa all'Ordine Fatebenefratelli, a Platia chiamati anche Benefratelli. Questo cambio di gestione è dovuto al peggioramento della situazione economica dell'ospedale da quando è morto nel 1629 don Andrea Trigona dei baroni di San Cono Superiore che, da priore dell'Ordine Ospedaliero di S. Spirito, ne aveva fatto un ospedale modello famoso in tutta l'Isola. I passivi dell'ospedale sono stati tali da indurre già nel 1640 l'economo-governatore Baldassare Cappello, barone di Bonfalura, per risanare il deficit, a vendere la chiesa di S. Spirito ormai fatiscente, ai Francescani Conventuali vicini. Questi, appena acquistata, l'anno abbattuta per ingrandire il piano antistante la loro chiesa di S. Francesco, in costruzione dai primi anni di questo secolo. L'ospedale con la nuova gestione, viene ristrutturato e ingrandito con una nuova costruzione, destinata a cenobio per i frati ospedalieri e una nuova piccola chiesa con oratorio per il sodalizio dei Bianchi. L'ospedale e la chiesetta prendono il nuovo nome di S. Tommaso Apostolo. 

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La montagna di questo mese

MONTAGNA DI MARZO

A circa 7 Km. in linea d'area a Nord-Ovest da Piazza esiste un monte a 670 sul livello del mare. Questo monte è conosciuto come Montagna di Marzo, e non può finire il mese con questo nome, che non se ne parli un po'. Il nome deriverebbe dal Dio Marte o Mamerte protettore dei Mamertini, mercenari di origine campana scesi in Sicilia perché chiamati alcuni decenni prima da Agatocle, tiranno di Siracusa,  che vi si stabiliscono intorno al 260 a.C. I Mamertini chiamano la loro città Mamerco in latino Oppidum Mamertium da cui Montagna di Marzo. Nel 212 a.C. i Romani la radono al suolo e oltre otto secoli dopo, tra il 600 e il 700 d.C., in seguito alle incursioni Saracene, la popolazione che abbandona i villaggi aperti vi si rifugia alla ricerca di luoghi fortificati (castra). Al tempo della conquista del conte Ruggero I d'Altavilla la Montagna è popolata da Arabi ed è chiamata Naurcium forma errata di Maurcium, da cui Morcio, Marcio e Marzo. Nel 1296 la ritroviamo come nome di un feudo di proprietà di un certo Rainaldo de Gabriele che ottiene la licenza di costruirvi un fortilizio. Nel 1394 è di proprietà della famiglia de Aidone sino a quando Elisabetta de Aidone, vedova de Gaffori, non si sposa nel 1516 in seconde nozze con Giovanni Matteo Trigona, capostipite dei Trigona di Piazza. Concludo con alcune parole tratte da "Notizie sul sito" di Sebi Arena: La popolazione di Piazza Armerina, a memoria d'uomo, ha sempre favoleggiato sulle ricchezze di Montagna di Marzo, che denomina volgarmente "a muntagna a cucca". In dialetto piazzese la cucca è la civetta, intendendo così ricordare che su quella montagna nidificano le civette e dove venivano rinvenute monete su cui è riprodotto un rapace che azzanna una serpe.  

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