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Cronarmerina - Novembre 2024

Le ragazze del Magistrale

Entrata dell'Istituto Magistrale "F. Crispi"
L'Istituto Magistrale ormai abbandonato dal 1982

Ho ricevuto un testo, da un amico da tanto tempo lontano da Piazza, che racconta le emozioni che i giovani studenti provavano all'uscita delle studentesse frequentanti le classi del prestigioso Istituto Magistrale "F. Crispi" nato, come Regia Scuola Normale, nel 1887 nell'ex Convento delle suore Francescane Clarisse, fondato dal barone Guglielmo de Caldarera nel 1320. Io, essendo stato uno studente di questo Istituto alla fine degli anni '60, non posso esimermi dal pubblicarlo.

 Negli anni ’60, quello che adesso è un rudere cadente e di cui quasi nessuno conosce la storia, per noi giovani studenti era il “pozzo dei desideri”. Sì, perché tra quelle mura vi erano le più belle ragazze di tutta la città, quelle che ci facevano sognare, ma anche disperare.
Quando le scuole iniziavano ad ottobre (che bel periodo!) noi, che non frequentavamo il Magistrale, uscivamo sempre prima degli altri perché, per quasi tutto il primo mese di lezioni, mancavano sempre gli insegnanti titolari.
Ecco allora che, non appena suonava la campanella, era tutto un correre per presentarsi al più presto possibile in via Umberto e mettersi davanti al portone del Magistrale per vedere uscire le ragazze. Ormai avevamo l’occhio allenato. Sapevamo distinguere le nuove arrivate da quelle che già conoscevamo, le nuove leve da quelle un po’ più stagionate.
I più intraprendenti riuscivano ad avvicinarne qualcuna e fare amicizia, mentre per i “timidoni” tutto finiva in languide occhiate e niente più.
Ricordo che un anno vedemmo uscire una vera e propria modella: alta, bionda, con gli occhi azzurri, carnagione color latte e… tutta vestita di nero. Non guardava mai nessuno e camminava ancheggiando tanto da far venire le vertigini anche al più refrattario in fatto di donne.
Immediatamente cercammo di sapere nome, cognome, da dove veniva, misure, codice fiscale, ecc., ma l’unica notizia certa che si venne a sapere fu che era di Butera e che era vestita tutta di nero perché aveva perso da poco tempo un fratello.
Ora, dovete sapere che in quell’epoca, per noi poveri ragazzi del Sud che eravamo senza bici, motorini, auto, ecc. dire Butera o Sidney era la stessa cosa. Erano due luoghi irraggiungibili e lontani anni luce da Piazza. Sul perché poi portasse scarpe, calze, e tutto il resto sempre neri, dipendeva dal fatto che allora, in certe famiglie, vi erano delle regole ferree per quanto riguardava il “lutto da portare”. Sulla Gazzetta Ufficiale delle Pompe Funebri Italiane, venivano pubblicate le varie tabelle che regolavano come dovessero essere vestite le donne, e anche per quanto tempo, in base alla gravità del lutto. Per esempio: morivano padre o madre = cinque anni di lutto; fratelli o sorelle = tre anni di lutto; nonni = due anni, e così via. Ecco perché certe donne trascorrevano la loro vita sempre vestite di nero; quando stava per finire un periodo, ecco che veniva a mancare un altro parente ed il lutto ricominciava.
Ritornando alla nostra ragazza, di cui venimmo a sapere anche il nome, Concettina (ma che per modernizzarsi si faceva chiamare Cetty) purtroppo era inavvicinabile. I suoi l’avevano mandata a studiare a Piazza da una loro parente, con l’incarico di sorvegliarla in ogni suo movimento. Infatti, all’uscita vi era sempre una signora (odiata da tutti noi in modo indescrivibile!) che prendeva sotto braccio la nostra fidanzata (sì, perché in segreto ci eravamo fidanzati tutti con lei, anche se nessuno ebbe mai il coraggio di comunicarglielo) e se la portava a casa. Per tutto il giorno la bionda rimaneva rinchiusa tra quattro mura ed il mattino dopo veniva accompagnata a scuola.
Il sabato pomeriggio le veniva permesso di prendere la corriera per tornare dai suoi, ma anche in questo caso vi era sempre lo stretto controllo dell’accompagnatrice. Una volta avevamo deciso che saremmo saliti in corriera per andare fino a Butera con lei per tentare un approccio; e se poi ad attenderla ci fosse stata tutta la famiglia (vestita di nero) con magari altri tre fratelli (anch’essi vestiti di nero), come sarebbe andata a finire? E poi, vista la lentezza dei mezzi pubblici di allora, avremmo trovato un’altra corriera in grado di portarci a Piazza entro la sera? Altrimenti saremmo dovuti restare a dormire a Butera, con conseguenze gravissime sia da parte dei nostri genitori e forse anche dei parenti del nostro angelo.
Ci si accontentava quindi di vederla uscire da scuola, sempre con gli occhi bassi, e poi sparire nel portone di casa. Allora non c’era la possibilità di incontrare ragazze in un bar, di andare a ballare in qualche locale pubblico o di passeggiare tranquillamente per il Gen. Cascino tenendo per mano una ragazza. In quest’ultimo caso bisognava essere “fidanzati ufficialmente”, ma questo è tutto un altro snervante e ridicolo rituale che vi racconterò un’altra volta.
Un amico lontano da Piazza
 
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Soluz. Aguzzate la vista n. 7

Il mascherone da individuare
Il mascherone si trova nello spigolo del palazzo Trigona di Canicarao su Largo Demani
Palazzo Trigona di Canicarao poi Trigona di Demani
Il Palazzo Trigona di Canicarao che guarda Santa Rusulia, fu costruito da Bernardo Maria Trigona Inguardiola nel 1684. Bernardo ricevette il feudo di Canicarao (nei pressi di Comiso) dallo zio Felice Trigona marchese di Dainammare e Canicarao divenendone il IV marchese. Bernardo Maria fu, inoltre, barone di Ursitto e Governatore del Monte di Pietà, morì nel 1731. Per quanto riguarda l'altro nome "Demani" probabilmente è dovuto al fatto che dopo i Trigona di Canicarao il palazzo diventa, intorno al 1770, di proprietà dei Trigona di Demani (feudo confinante con la contea di Garsiliato).  
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Famiglia Barbarino (de)

D'azzurro con tre api d'oro
Della famiglia piazzese de Barbarino (o Barberino o Barberini) il primo nome che si registra, è quello del giudice Guglielmo de Barbarino nel 1397. Nei secoli successivi si registrano: Giurati di Piazza (1411 Enrico, 1482 Bartolomeo, 1530 Antonio, 1553 Pietro, 1566 Antonio); Giudici (1407 Biagio); Notai (1407 Prandino e Giovanni, 1542 Giovanni Tommaso); Castellani di Piazza (1483 Bernardo); Nobili iscritti alla Mastra Nobile della Città (1520 Bartolomeo, 1542 Bernardino che si sposa con Laura de Moac-Villardita, 1553 Pietro barone dei Salti dei Mulini di Piazza, 1589 Giovanni Antonio barone dei Salti, Susanna baronessa dei Salti che dona 150 scudi per la fabbrica e abbellimento della chiesa dei Teatini intitolata a S. Lorenzo Martire, 1585 Silvia e Pelagia baronesse di Bessima, quest'ultima, si sposa con Francesco Crescimanno, 1608 Geronimo bar. dei Salti, 1621 Francesco bar. dei Salti e socio dell'Accademia Piazzese o dei Curiosi); Sacerdoti, priori e fondatori di chiese (1479 sacerdote Pietro priore di S. Andrea, 1625 Dario presbitero dell'Ordine degli Ospedalieri fonda la Commenda di S. Giuseppe-Barbarino allo Scarante che andrà in rovina nel 1821).
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Un drago in pinacoteca

La scultura in pinacoteca
Stemma Famiglia Boccadifoco o Boccadifuoco

Oggi mentre visitavo la pinacoteca, lo sguardo mi è caduto nuovamente sulla scultura in marmo posta in fondo a dx al corridoio. Non so da dove provenga¹, ma potrebbe trattarsi della scultura in marmo di un drago o serpente alato che riproduce lo stemma di una nobile famiglia piazzese, quella dei Boccadifoco o Boccadifuoco. Infatti, nel libro del Villari lo stemma è così descritto: D'azzurro al serpente alato d'oro che butta fuoco dalla bocca. Uno stemma di questa famiglia lo troviamo nell'arco in alto della I cappella a dx nella chiesa di S. Pietro. La cappella fu costruita dalla famiglia Boccadifuoco nella II metà del '500 e in seguito vi fu posto il Crocifisso di fra' Umile da Petralia.

¹ Qualcuno ha avanzato l'ipotesi che facesse parte di una coppia posizionata sui pilastri del cancello di entrata alla villa Ciancio (villetta Roma) forse, però, ancora prima proveniente da un altro sito, un cimitero, una chiesa, un chiostro, un palazzo nobiliare? 

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850° Anniversario di Piazza/2

Mosaici, Villa Romana in c/da Casale, IV sec. d.C.
Gli Arabi conquistano la Sicilia, 827 d.C.


Le 3 Tesi delle origini della nostra Città

Per quanto riguarda le origini e il nome della Città di Piazza, io nella prima parte del mio libro riporto la tesi del Villari (1921-2006) la più suggestiva, mentre nella seconda parte del libro, quella dedicata alle note, riporto sia quella sostenuta da 7 storici (i piazzesi Francesco Negro, Antonio Verso (o il Verso) e Francesco Cagno del 1500, Giovanni Paolo Chiarandà e Marco Alegambe (o Li Gambi) del 1600, dal catanese Vito Amico del 1700, e dal netino Rocco Pirro (o Pirri) del 1500-1600) e sia quella di Ignazio Nigrelli (1926-2000) 

La tesi del Villari (1921-2006)

Secondo Litterio Villari le nostre origini hanno inizio nel V sec. a.C. da un piccolo centro abitato di Siculi, nei pressi dell’attuale Monte Navone (o Naone), chiamato Ibla Erea o Ibla Geleate o Ibla Gereate o Ibla Geleatide o Ibla Minore che, in seguito alla distruzione subita dai Romani intorno al 100 a.C., si trasferì nella zona pianeggiante dell’attuale c/da Casale. Nel nuovo sito Ibla Erea o Minima o Minore nel IV-V sec. d. C., venne chiamata in greco Ibla Elattòn, scritta e pronunziata Ibla Elatson o Iblatson, trasformata intorno al 900 d.C. dagli Arabi in ‘Iblâtasah e, ancora, trasformata nel 1100 dai Normanni (togliendo la "I", quindi pronunciando blatsa e platsa o platza) nel greco Platza o Platsa e nel latino Placea, Placia e Platia. (continua)

Gaetano Masuzzo/cronarmerina.it

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Quando scappava...

Come dovevano essere i nostri in attività.
"a calàda û Cullègiu"
In via De Pietra
"darrèra Fundrò"


Capisco che potrebbe sembrare un argomento poco colto ed erudito, ma era, é e sarà sempre di vitale importanza, quando appunto “SCAPPA”. Mentre adesso una “mano” ce la danno i vari bar, caffè e locali pubblici sparsi per la città, prima non era così e, quindi, “bisognava andare” al più presto da qualche parte. Le zone preferite erano le alte “cantonere” nei pressi delle cantine, ma non era tanto “simpatico” per i passanti e/o “calpestanti”. Allora le amministrazioni comunali si diedero da fare per installare nei punti nevralgici, dei pisciatoi altrimenti chiamati “vespasiani”. Erano le toilette di oggi, adibiti ai bisogni fisiologici delle persone, in special modo per i maschietti, che non ci pensavano una volta a frenare l’istinto che si scatenava subito dopo una buona bevuta. Vennero costruiti in tante forme per impedire che si urinasse negli angoli delle chiese o in qualche via “scusògna” (appartata) e a Piazza ancora se ne possono distinguere tre. Una è quella “â calada û Cullègg” proprio nel muro della chiesa di Sant’Ignazio, un’altra è in via Enrico De Pietra, salendo a dx, l’altra, la più famosa, è quella “darrèra Fundrò”. La loro pulizia, disinfezione e manutenzione era a carico del Comune. I “vespasiani” prendono il loro nome dall’imperatore romano Vespasiano che fu il promotore nell’antico impero romano della posa degli urinatoi pubblici, perché anche ai Romani, già allora, EFFUGIT!

Altri post sull'argomento:Pecunia non olet; Quando scappava negli anni 30/1 ; Quando scappava negli anni 30/2 ; La foto conferma "u p'sciarö".

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E' ridotto così


Notizia da StartNews.it del 30 giugno 2011

PIAZZA ARMERINA - 500.000 EURO PER TRASFORMARE PARTE DELL'ARISTON IN UN PARCHEGGIO PER PULLMAN

La notizia data dal Sindaco ieri in Consiglio Comunale.

<<Una parte dello spazio occupato dall’ex cinema Ariston verrà trasformata in parcheggio per i pullman turistici. E’ questa l’idea dell’Amministrazione comunale guidata da Carmelo Nigrelli che presto potrebbe trasformarsi in una realtà grazie ad un contributo regionale. Il parcheggio sarà utilizzato per dare la possibilità ai turisti di raggiungere con facilità il centro storico e sopperire così alla mancanza di uno spazio adeguato che è venuto meno con la ristrutturazione della piazza Falcone Borsellino, dedicata per intero alla sosta delle auto. I lavori interesseranno la parte nord dell’edificio che ospitava il vecchio cinema Ariston e che, a differenza della parte sud, poggia su una zona riempita con materiale di riporto. La struttura è ingabbiata dai primi anni novanta quando nelle mura perimetrali apparvero le prime crepe che oggi, ben visibili, sono monitorate con dei vetrini.>>
cronarmerina.it
 
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La centrale elettrica

Nel 1904 a Piazza venne immessa l'illuminazione elettrica prodotta da una Centrale alimentata a nafta. Al II piano a dx dell'edificio nella foto, c'era la nostra centrale. Sì, proprio nella zona che noi chiamiamo comunemente Santa Rusulia e non a caso. Infatti, nel 1624, in ricordo del ritrovamento a Palermo del corpo della Santa, coincidente con la fine della peste che tante vittime aveva causato specie nel quartiere Canali, proprio in questo sito fu eretta la chiesa di S. Rosalia, a sx dove poi vi fu la palestra da p'scarìa, col rispettivo Convento di Carmelitane nella parte restante. La chiesa, in seguito, diverrà la sede della Confraternita e Sodalizio dei Notai e alla fine del '600 ospiterà il Ritiro delle Donne Converse, fondato nel 1553 dal padre di Laura de Assaro (moglie del barone Marco Trigona), Giovanni Francesco de Assaro. All'inizio del XX sec. la chiesa e il convento furono abbandonati, per dare posto alla Centrale Elettrica e al mercato ortofrutticolo. La Centrale all'inizio forniva solo la zona limitrofa e veniva messa in moto la sera e spenta al mattino. Il continuo rumore era molto fastidioso, e i miei nonni materni, che abitavano dietro nel cortile Minnella, me lo raccontavano. Però, quando poi fu tolta, tanti rimpiansero quella "compagnia sonora" della quale avevano fatto l'abitudine e si erano affezionati. Nel 1929 il servizio d'illuminazione passò dal Comune alla Società Generale Elettrica dei fratelli Pretifilippo e finalmente ci fu la luce 24 ore su 24. Questo fu il periodo dove ci lavoravano il padre del capo della squadra mobile di Palermo Boris Giuliano, i signori Francesco Lo Iacona, Di Martino e Rosario Grancagnolo, addetto alla manutenzione delle lampade stradali. Anni dopo divenne la sede prima della Pretura, poi della Facoltà di Scienze della Formazione-Operatori Turistici, della Scuola Media "L. Capuana" per finire ai nostri giorni dove, nel 2010, la sala riunioni è stata dedicata all'amico e funzionario del Comune Alfredo Chiara, scomparso prematuramente. Gaetano Masuzzo/cronarmerina
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850° Anniversario di Piazza/1

Morgeti, Emblema in argento di Morgantina raffigurante il mostro Scilla che scaglia un masso ai naviganti, 240 a.C. ca.
Stemma dinastia Borbone di Napoli o di Sicilia o delle Due Sicilie (1735-1860)


Storia di Piazza Armerina/1

Dopo i Morgeti, i Siculi e i Sicani in Sicilia abbiamo ospitato, più o meno piacevolmente, altri 18 popoli che, ovviamente, hanno dominato lasciando le loro tracce anche sul nostro territorio. Abbiamo avuto i Greci, i Fenici, i Rodio-Cretesi, Cartaginesi, Mamertini, Romani, Vandali, Eruli, Goti, Bizantini, Arabi, Normanni, Svevi, Francesi-Angioini, Spagnoli-Aragonesi, Spagnoli-Austriaci, Borboni, Sabaudi, sino alla Repubblica del 1946. (continua)

Gaetano Masuzzo/cronarmerina.it
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