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Gaetano Masuzzo

Gaetano Masuzzo

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Edicola n. 33

Questa è l'Edicola Votiva n. 33 di Piazza Teatini altrimenti chiamata Piazza Martiri d'Ungheria*, già Piazza del Mercato Settimanale. Secondo l'immagine cartacea che si intravede appena, dietro i due sportelli con vetri e rete metallica chiusi da un lucchetto, e le tendine, una volta bianche, sembra dedicata alla Madonna con Bambino. Si trova nel muro Sud della chiesa di San Lorenzo Martire¹ meglio conosciuta come chiesa dei Teatini. Quest'Ordine religioso fa la prima apparizione a Piazza, allora chiamata Platea o Platia, nel 1609 con l'istituzione di una "Casa di Teatini", la quarta in Sicilia, dopo le due di Palermo e quella di Messina. L'arrivo di questi Padri fu fortissimamente voluto dai Giurati della Città per l'impellente bisogno di istruzione della numerosa gioventù (la Città allora contava non meno di 16.000 abitanti) e per dare un freno al rilassamento nei costumi anche fra i religiosi che mostravano, addirittura, simpatia per la dottrina di Lutero che andava diffondendosi in Sicilia. Ai Padri Teatini², che si stabilirono in un antico edificio, venne data la possibilità di svolgere le funzioni religiose nella chiesa di S. Maria del VI secolo presente in questo borgo chiamato "del Patrisanto". Saranno loro a riportare in questa chiesa dopo qualche anno la grande immagine di stile bizantino della Madonna del Gorgo Nero³ del XII secolo.
* In ricordo delle migliaia di ungheresi morti durante la Rivoluzione antisovietica del 1956.
¹ Alla chiesa fu dato questo nome in omaggio all'aidonese Lorenzo I Gioeni marchese di Castiglione barone di Fessima e Pietratagliata (1566) che, sposando Caterina de Cardona Branciforte, ne assunse il patronato, precedentemente della famiglia Branciforte.
² All'arrivo in Città (4 anni prima i Gesuiti avevano eretto una "Casa Professa" ma non un Collegio dove poter studiare) il loro buon esempio convince tanti giovani di antiche e nobili famiglie piazzesi a ricevere l'abito religioso nella Casa Teatina di Palermo. Qualche anno più tardi fatti straordinari e autentici prodigi inducono il Consiglio Cittadino a proclamare nel 1626 II Compatrono della Città il teatino Sant'Andrea Avellino e nel 1642 III Compatrono il teatino San Gaetano di Thiene. 
³ Questa immagine era custodita in una delle due chiese che c'erano in questo borgo abitata da gente greca. La Madonna fu intitolata "del Gorgo Nero" perché poco vicino la chiesetta c'erano alcune sorgenti di acqua termale e sulfurea (quindi nera e puzzolente) che il popolo chiamava per questo "Gorgo Nero". L'acqua di queste sorgenti confluiva nelle vasche della zona sottostante ove veniva utilizzata per bagni termali e terapeutici, soprattutto nella cura della pelle. Per questo motivo la zona venne chiamata di "Altacura" poi trasformatosi anche in "Taccura".  Di questo pozzo e di altri presenti nel nostro territorio ne parla anche il geologo francese Dèodat de Dolomieu di passaggio nella nostra città nel 1781: "A Piazza... su una piccola piazza all'interno della città c'era una cavità da cui usciva un vapore bituminoso e sulfureo... alla ricostruzione... vi si ricostruì sopra un basamento in muratura che porta una croce...".
 
Gaetano Masuzzo/cronarmerina.it  

       

L'EPIGRAFE del Vespro piazzese scomparsa

Nello stesso volumetto/ristampa dell'edizione "Sicilia-Vespro" redatta in occasione del VI centenario celebrato nel 1882, a pag. 35 viene riportata una Epigrafe che ricorda i tragici momenti di cui Vi ho parlato nei post precedenti (1283 - I 101 militi di Placea; Il VESPRO di RoccellaFra Bartolomeo da Piazza). L'epigrafe commemorativa fu voluta e realizzata dal nostro Comune nel 1882¹, in ricordo del coraggioso frate francescano Bartolomeo da Piazza che andò in Calabria da re Carlo d'Angiò nel giugno del 1282, e dei cavalieri e degli abitanti della nostra Città che resistettero all'assedio dei Francesi-Angioini nel 1299. Ma dell'epigrafe non si conosce né il luogo dove fu posta, né la fine che ha fatto successivamente. Inoltre, non si riesce a decifrare esattamente, tranne forse la seconda parte che sembra indicare "Bruno", la firma del concittadino piazzese che, orgogliosamente, ne inviò copia al curatore della raccolta Giuseppe Pitrè, scrittore e letterato palermitano (1841-1916).
 
¹ Quell'anno a Piazza ci furono due Sindaci. Finiva il mandato (1879-1882) il sindaco Benedetto La Vaccara con la sua Giunta composta da Vincenzo Di Carlo, dr. Enrico De Pietra, Oreste Azzolina, Giovanni Rizzo e Giuseppe Giunta. Iniziava il mandato (1882-1889) il sindaco Antonio Crescimanno. Salta subito agli occhi come a tanti amministratori dell'epoca furono intitolate le nostre strade odierne. Ciò dimostra che prima dell'Unità d'Italia le vie non avevano dei nomi ben precisi (odonimi); solo nel 1871 con la legge relativa al censimento della popolazione italiana si dispose di procedere alla nominazione delle vie e delle piazze e alla numerazione dei fabbricati.            
 
Gaetano Masuzzo/cronarmerina  

1282 - Fra Bartolomeo da Piazza

  
Storia di un Piazzese di 7 secoli fa
 
Michele Amari, storico e politico palermitano (1806-1889), nel suo I volume de La guerra del Vespro Siciliano o Un periodo delle istorie siciliane del secolo XIII, II Edizione, Baudry Libreria Europea, PARIGI 1843, frutto di ricerca tra gli archivi e biblioteche di mezza Europa, ci fa sapere a pag. 154¹ che, mentre re Carlo d'Angiò giunto a Catona (Reggio Calabria) nel giugno del 1282, era in procinto di sferrare duri attacchi alla città di Messina, difesa dai suoi eroici cittadini sotto la guida del capitano Alaimo di Lentini, il frate minore Bartolomeo da Piazza <<fu d'esempio e di conforto agli eroici cittadini di Messina>>. Il frate francescano piazzese, avendo appreso che <<i Messinesi strugeansi di saperne a punto le forze e i disegni... a' preghi del consiglio della città... prese a esplorarli>>. Insomma, il frate <<uom litterato, di specchiati costumi, e di gran nome, prese a esplorarli; non vile spiatore d'eserciti, ma cittadino, ch' all'uopo della patria affronti la mannaia, com'altri la spada>>. Quindi si prende di coraggio e <<nè furtivo, nè dimesso va dunque in Calabria>> dove incontra re Carlo che appena lo vede lo apostrofa: <<"A che da' miei traditori ne vieni?" brusco domandavalo il re. Ed ei più fermo: "Non io traditor, disse, nè terra di tradimento lasciai. Mosso da religione e coscienza vengo ad ammonir qui i frati minori, che non seguano queste tue ingiustissime armi. La Provvidenza ti commise un'innocente popolo, e tu lo lasciavi a dilaniare a lupi e mastini: tu indurasti il cuore alle querele, a' pianti: e allor ci volgemmo al Cielo; e il Cielo ne ascoltò, e ci fe' vendicare santissimi dritti. Ma se speri oggi vincendo chiamar ciò fellonia, sappi, o re, che indarno tant'armi a' danni de' Messinesi aduni. Torri hanno e mura, e forti petti rinfocati dal divin raggio di libertà; onde maggiori che uomini, ti aspettan pronti a morire. A Faraone tu pensa!" Per terrore di lassù, o istinto d'accarezzar Messina, il re si ritenne dall'offendere il frate. Die' sfogo all'ira con ordinare una prima fazione: e Bartolomeo tornandosi a' suoi, narrava la potenza dell'oste, e le truci voglie di Carlo>>. Il rimprovero e l'ammonizione del nostro frate a nulla valse, perché il Re iniziò comunque l'assalto alla città dello stretto. Ma il suo eroico esempio spinse ancor più i Messinesi alla resistenza. Pochi mesi dopo, nel mese di agosto, il re spagnolo Pietro d'Aragona sbarcò a Trapani per venire in "aiuto" del popolo siciliano in rivolta contro i Franco-Angioini. Iniziava così un'altra dominazione, quella Spagnola-Aragonese che si concluderà due secoli dopo, nel 1516, con l'inizio di quella Spagnola-Asburgica che, sempre per la felicità dei Siciliani, sarebbe durata anch'essa due secoli, sino al 1713. Etc. etc.    

¹ Anche il Villari ce ne parla riportandolo a p. 136 nel suo Storia della Città di P. Armerina, 1981, con un paio di errori di stampa.

Gaetano Masuzzo/cronarmerina.it 

Il VESPRO di Roccella

La copertina della ristampa con lo stemma di Piazza, in basso il II da sx 
Dopo aver elencato i 101 militi/nobili di Placea mobilitati da re Pietro d'Aragona nel gennaio del 1283, per combattere contro i Francesi-Angioini, durante la sollevazione popolare conosciuta come Vespro Siciliano, mi sembra opportuno riportare una poesia in gallo-italico, composta da un nostro concittadino in ricordo di quei tragici e difficili anni. La poesia è tratta da una Ristampa anastatica dell'edizione "Sicilia-Vespro" del 1882 per commemorarne il VI centenario (1282-1882). Il volumetto¹, infatti, racchiude una vera e propria antologia di scritti degli uomini di cultura di quel tempo che, pur essendo di discipline differenti e di convizioni politiche diverse, vollero rendere più solenne la celebrazione. Fra questi ci fu anche il nostro notaio Remigio Roccella (1829-1916) che prese spunto dall'assedio che gli Angioini effettuarono alla nostra città non nel 1282, bensì 17 anni dopo, nel 1299. L'assedio del duca Roberto I d'Angiò, che già aveva causato la breccia (u pr'tusg') nelle mura a protezione del borgo della Castellina, fu tolto grazie alla resistenza dei Piazzesi che reagirono aiutati da circa 60 Cavalieri Templari e Ospedalieri di guarnigione in città guidati dal trapanese Palmerio Abate e  dal catalano Guglielmo Calcerando. La battaglia decisiva avvenne sul piano del Patrisanto (piano Teatini) allora fuori le mura, infliggendo al Duca una dura e sanguinosa sconfitta che lo costrinse a ritirarsi verso Paternò. L'eroica resistenza di Piazza fu l'unica vittoria registrata dai Siciliani in quell'amara stagione del 1299. Tre anni dopo fu firmato il trattato di pace di Caltabellotta che riconobbe a Federico I d'Aragona (1272-1337) il regno di Sicilia², re che sette anni dopo, nel 1309, avrebbe approvato le Consuetudini di Piazza, il nostro codice civile. Eccovi la poesia del nostro concittadino che troviamo a pag. 30 del volumetto:
PER L'EROICO ASSEDIO
SOSTENUTO DAI PIAZZESI
PER LA GUERRA DEL VESPRO
Ottava in dialetto piazzese
 
Ombra di t'rr'nanni ! m' paress,
Ch ' v' ve' sövra i muri e u turriöng,
Armadi cui d' rönca, e cui d' fess,
Cui d' spe' cui d' spata e d' p'ccöngh;
E m' par davveru ch' s'ntess
I vostri vösg' ch' ing'nu u vaddöngh:
Non ggh'è patt ch' tengh ! Aum, Ciaccesi,
Meggh' murì, ch' dèv'n ai Francesi !!
 
Remigio Roccella
 
Traduzione 
Ombra dei proavi ! mi sembra,
Vedervi sulle mura e sul torrione
Armati chi di roncone, chi di accetta,
Chi di spiedo, chi di spada e di piccone;
E mi sembra che veramente udissi 
Le vostre voci che rimbombano nella vallata:
Rigettiamo ogni patto ! Coraggio, Piazzesi,
Meglio morir, che arrenderci ai Francesi !!
_______________________________________________ 
¹Segnalatomi dall'assiduo lettore e visitatore del blog, Vtr.
²E' lo stesso regnante che nel 1296 era venuto a Placia per convocare, in un caseggiato al nunero civico 25 dell'odierna via Crocifisso, il Parlamento con i baroni e i nobili delle città demaniali e decidere la guerra contro i d'Angiò. Nell'occasione la nostra città offrì al re un donativo di 12.000 fiorini per ricevere privilegi ed esenzioni e, qualche anno più tardi, le nostre Consuetudini.  
Gaetano Masuzzo/cronarmerina               
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