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Cronarmerina - Novembre 2024

Oggi Sant'Antonio Abate

Il 17 gennaio a Piazza Armerina, in omaggio al Santo protettore degli animali, innanzi alla chiesa di Sant'Antonio Abate (m. 356 d.C. ca.), in primo piano nella foto proprio attaccata a quella di San Vincenzo Ferreri al Seminario, si riunivano i burgèsi (coloni)¹, i massèri (massari) e i v’ddài (i contadini) che portavano le bestie da lavoro, asini, muli e cavalli, e cani, pecore, capre per farli benedire. Il prete, subito dopo la benedizione, metteva sulla fronte degli animali una grande immagine del Santo, che sarebbe rimasta appesa per tutto l’anno sul muro della stalla, a difesa della salute degli animali e dell’economia del padrone. La chiesa di Sant'Antonio Abate già risultava costruita nel 1313 e, dopo tanti anni di abbandono, nel 2000 sono iniziati i restauri, da pochissimo ultimati. Esisteva un’altra chiesa, sempre di quel periodo, dedicata a Sant'Antonio Poverello al Casalotto che era anche una Commenda dei Cavalieri di Malta, mentre quella di recente costruzione (dal 1971 al 1974) è dedicata a Sant'Antonio da Padova (1195-1231), e si trova nell’ex piazza Stazione Ferroviaria o piazza Senatore Marescalchi. A proposito di massèri a Piazza esiste una Casa-Museo del Massaro in via Garibaldi 57/a che fa "toccare con mano" la vita non tanto comoda dei nostri antenati, facendo fare un viaggio nel tempo andato.

¹ Da non confondere con burghèsi = borghesi.

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Piazza tra il 1953 e il 1956

A parte la casa moderna in basso, il panorama da Nord è identico a quello nel 1953/1956

Guido Piovene (Vicenza 1907-Londra 1974), scrittore e giornalista, negli anni Cinquanta per incarico della RAI fece un <<inventario delle cose italiane... e via via che lo andavo scrivendo lo affidavo alle onde radiofoniche. Le richieste degli ascoltatori mi hanno indotto a raccogliere quelle trasmissioni in un libro... Il viaggio cominciò nel maggio del 1953 e finì nell'ottobre 1956>> e l'anno seguente pubblica VIAGGIO IN ITALIA, Arnoldo Mondadori Editore, VERONA 1957. Partendo da "Le Tre Venezie" arriva in "Sicilia" percorrendo tutto lo stivale e scrivendo <<dopo ogni tappa quello che avevo appena visto... quelle pagine... ci rappresentano le regioni d'Italia com'erano quando vi andai>>. A pagina 481, delle 669 complessive, ha inizio il capitolo "Da Ragusa a Piazza Armerina" di cui riporto la parte che ci riguarda e che inizia a pag. 486. <<Tra Caltagirone, bella per i suoi monumenti, ed Enna, nel centro dell'isola, infatti giunge ancora un soffio dell'attiva costa orientale. Enna, il più alto capoluogo di provincia italiano, è centro agricolo vivace. Se questo viaggio fosse specialmente dedicato all'arte, dovrenno soffermarci sui suoi monumenti, specie su quelli medievali. Noi ci fermeremo soltanto a guardare da quel balcone il più vasto paesaggio di montagna della Sicilia. Qui la Sicilia assume l'aspetto di un regno remoto, sul quale corrono le nuvole e splendono i tramonti. Più giù Piazza Armerina è anch'essa un centro agricolo, così verde da sembrare un'oasi. Come ad Avellino, il nocciolo è una voce importante dell'economia locale e una nota importante in quel contrappunto di verdi. Non ricordo più quale inglese sentenziò che Piazza Armerina è il luogo della terra dove l'occhio può scorgere più toni diversi di verde, e giunse a precisarne il numero. La bella cittadina produce torroni; gli amanti di oggetti preziosi troveranno nel Duomo esemplari stupendi di oreficeria barocca. Vi è una fastosa oreficeria siciliana che sembra avere specialmente brillato nei tesori ecclesiastici di cittadine fuori mano. Ma Piazza Armerina è oggi nota in tutto il mondo specialmente per la sua Villa del Casale. Perciò anch'essa è un nido di archeologi; e quelli italiani si incontrano, nel nuovo grazioso albergo, con gli svedesi che scavano nella vicina Aidone. La Villa del Casale, posta in una valle romita ed ombreggiata dai noccioli, lungo la prima parte del fiumicello Gela, in un paesaggio che non si direbbe del Sud, è l'altra grande novità siciliana postbellica. Di opere d'arte qui sepolte dalla terra franosa già parlavano del Settecento gli eruditi locali. Si ebbero alla fine dell'Ottocento i primi scavi sistematici, e scoprendo una parte di mosaico già si gridò al prodigio. Nel 1929 Paolo Orsi (n.d.r. Rovereto 1859-Rovereto 1935) ampliò quegli scavi, ripresi ancora con successo nei quattro anni anteriori all'ultima guerra. La fama della villa rimaneva però confinata tra gli studiosi o almeno i dilettanti di archeologia. Sotto la spinta di un archeologo morto da poco, Biagio Pace (n.d.r. Comiso 1889-Comiso 1955), la Regione riprese nel 1950 i lavori, con larghezza di mezzi, senza paragone, maggiore, grazie all'aiuto della Cassa del Mezzogiorno e con la decisione di andare a fondo. Quello che si vide accese l'interesse di tutto il mondo, studiosi e turisti profani, divenendo oggetto di cronache e anche di trampalate fantasie giornalistiche. Invece di alcune scoperte parziali, si scorgeva quasi completo il piano di un'immensa villa, pari per fasto alle ville imperiali dei dintorni di Roma; senza confronto la maggiore delle ville finora conosciute erette da signori romani nella Sicilia... Tale scoperta senza eguali ha fatto sorgere problemi pratici ed eruditi. Per quanto riguarda i problemi pratici, la Villa del Casale di Piazza Armerina è oggi il più grosso grattacapo della soprintendenza di Siracusa. Bisogna infatti riparare i mosaici che, conservatisi quasi intatti sotto la terra, oggi sono all'aperto esposti a tutte le intemperie. Occorre perciò una tettoia; ma, per quanto ci siano i fondi, è difficile escogitare una tettoia così vasta che non deturpi la bellezza del luogo. Pure qualcosa si farà, perché proteggere i mosaici è indispensabile. Per ora, specialmente al termine dell'estate, si è costretti a coprirli almeno in parte di una coltre di sabbia. Pochi perciò possono dire di averli visti tutti. In quanto ai problemi eruditi, tutti sono d'accordo che questi mosaici assomigliano ai mosaici africani della tarda romanità, e furono probabilmente eseguiti da maestranze africane importate... La villa sarebbe perciò stata il rifugio ed il sacrario del paganesimo in declino, dedito all'arte e agli studi, e dei suoi sogni di rivincita; per dirla con termine d'oggi, una grande oasi liberale del tempo antico. Proseguiamo ora il viaggio verso occidente, sprofondandoci in quell'aspra Sicilia interna, che abbiamo già veduta presso Palermo>>.  

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Visitando Palazzo Trigona/2

Teca con reliquie indicate nella foto in alto

(dalla Parte I) I lavori di costruzione del grandioso edificio di Palazzo Trigona ebbero inizio diversi anni prima che se ne occupassero seriamente i due fratelli Trigona, Matteo (1679-1753) II barone di Imbaccari Sottano e Terra di Mirabella futuro arcivescovo di Siracusa nel 1732, e Ottavio (1680-1757) III barone di Imbaccari Sottano e Terra di Mirabella. Il palazzo che troviamo a destra (lato Est) del Duomo di Piazza, fu voluto probabilmente dal genitore di Matteo e Ottavio, Trigona Luigi (o Aloisio) (1650-1715) divenuto nel 1693 I barone di Imbaccari Sottano e Terra di Mirabella. Infatti, dagli anni di nascita sopra riportati, si deduce che l’anno 1690, che qualcuno suppone relativo all'ideazione dei fratelli pur se affiancato dall’avverbio “attorno”, appare azzardato in quanto in quel periodo i fratelli Trigona avrebbero avuto rispettivamente 11 e 10 anni di età. Anzi, se si prende in considerazione sia l’ipotesi che “con buona probabilità fu l’architetto Orazio Torriani, che seguì i lavori del Duomo, a contribuire alle scelte ed alle idee per la costruzione del Palazzo” e sia l’esistenza in vita dell’architetto romano (1578-1657), si deve anticipare di almeno trentacinque anni (al 1655 ca.) il periodo di ideazione e progettazione: non più quello del barone Luigi ma quello del padre di questi, Matteo IV barone di S. Cono Superiore nato nel 1632 e ancora vivente nel 1662, come risulta da un atto di vendita del suo feudo. Per l’accostamento al Palazzo del titolo “della Floresta”, bisogna arrivare al pronipote del vescovo Matteo nonché nipote di nonno Ottavio, Ottavio Maria Trigona Bellotti (1733-1785) che, sposandosi nel 1763 con Girolama Ardoino Celestre dei principi di Polizzi e dei marchesi della Floresta, da “semplice” X barone di S. Cono Superiore diventa il I marchese della Floresta della famiglia Trigona nel 1771, per la rinuncia e cessione per questioni dotali della sorella primogenita di Girolama, Flavia. Tornando alla visita al Palazzo di cui vi ho parlato nel primo post, l’altra particolarità che mi ha colpito sempre in questa prima sala, che occorre oltrepassare per accedere al grande salone, è l’altare in legno della cappella di famiglia inserita in un armadio a muro e precisamente i due reliquiari ai lati della teca centrale vuota (foto in alto). Dando uno sguardo più da vicino in quella di destra (foto in basso), mi sono accorto che alla base di un involucro con nastri, fiori secchi e alcune ossa, c’è un rettangolino di carta di pochi centimetri (cartiglio), forse caduto e non rimesso a posto, con due nomi di Santi Martiri venerati in quel periodo dalla famiglia nobile, completamente sconosciuti almeno dal sottoscritto. I nomi trascritti sono S. Digna m. e S. Dignatiani m. dove “m” sta per martire. Iniziata la ricerca, trovo subito sul sito "santiebeati.it" S. Digna m. assieme ai Santi Anastasio e Felice anche loro martiri, ma di S. Dignatiani m. nulla, se non trovarlo appena accennato tra i 150 nomi di SS. Martiri elencati durante un’importante celebrazione voluta da papa Benedetto XIV in un Libro di preghiere polacco del 1751 e 1754: HASLO SLOWA BOZEGO (Parola di Dio)¹. Per la storia di Santa Digna occorre tornare indietro all’anno 853, quando la Spagna era sotto il dominio degli Arabi Omayyadi del Nord Africa da oltre un secolo. A Córdova nell’Andalusia, i santi martiri Anastasio sacerdote, Felice monaco e Digna vergine, morirono tutti insieme nello stesso giorno, il 14 giugno. Anastasio, avendo confessato davanti ai consoli Mori la sua fede cristiana, fu prontamente trafitto con la spada e insieme a lui, anche Felice, di origine gétula (Nord Africa), che aveva professato nelle Asturie (Spagna settentrionale) la fede cattolica e conduceva vita monastica. Digna, ancor giovanissima, all’uccisione dei suoi compagni avendo coraggiosamente espresso biasimo verso il giudice, fu subito decapitata. Grazie per l'attenzione e alla prossima curiosità.

¹ Stampato a Lwówie (Leopoli) nel 1754.
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Nevicata di gennaio

Zona Padre Pio, 6 gennaio 2017 (foto A. Murella)

LA NEVICATA

Un bianco lenzuolo
ha coperto il suolo:
è la prima neve
che qui dura breve.

Appena si scioglie,
lo sporco si toglie
e in ogni settore
c'è un nuovo candore.

Ogni bimbo è attratto
e cerca il contatto.
L'allegro ragazzo
ne fa un pupazzo
e palle di neve
che lancia e riceve.

Con gli occhi sprotetti
ci abbagliano i tetti.
Se ci stai vicino
torni un po' bambino.

Finisce la fretta
e tutto s'acquieta,
il caos quotidiano
rimane lontano.

Francesco Manteo, gennaio 2017

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Visitando Palazzo Trigona/1

Il dipinto della Giustizia in una grande sala del Piano Nobile

L’altro giorno andando a visitare la mostra fotografica “Sony World Photography Awards Exhibition” visitabile sino al 5 gennaio, ho avuto la possibilità di girare alcune sale del grandioso Palazzo Trigona della Floresta destinato a essere, a Dio piacendo e chissà quando, Museo delle centinaia di migliaia di reperti, provenienti dalle numerosissime aree archeologiche piazzesi, ancora gelosamente tenuti sotto chiave al fresco. Dopo aver osservato le fotografie esposte, ho dato uno sguardo alle due grandi sale accanto nell’ala destra del Piano Nobile, con i soffitti finemente decorati in oro e pastello rappresentanti flora e fauna¹. La prima di queste sale, poco più piccola dell’altra, contiene la cappella di famiglia ingegnosamente racchiusa dentro un grande armadio con un altare in legno e due teche/reliquiari. Però, alzando il capo, lo sguardo è andato sul grande dipinto rettangolare nel soffitto, rappresentante una donna che poggia il suo piede sinistro su una nuvola. Dagli accessori si capisce che la donna è la Giustizia, una divinità della mitologia romana che personifica la Giustizia intesa come applicazione dell’ordine virtuoso nei rapporti umani tra persone secondo la legge. La dea nella sua mano sinistra impugna una spada, che rimanda alla simmetria della forza e del potere che la Giustizia deve avere per imporre e far rispettare i propri giudizi, quindi forza e potere che potrebbero servirsi della violenza per colpire chi non la riconosce. E’ una spada a doppio taglio impugnata e rivolta verso l’alto e certe volte la troviamo  appoggiata a una spalla o rivolta in basso o appoggiata a terra. Nell’altra mano la donna tiene una bilancia del tipo detto a bracci uguali che è da sempre uno degli esempi di immagine simmetrica, come la spada. Suggerisce quindi, con l’idea di ponderatezza che le è immediatamente associata, quelle dell’equilibrio e dell’equità che è compito della Giustizia conservare o ristabilire. Altro particolare è il fascio littorio tenuto da un putto alato ai piedi della Giustizia. Il fascio, simbolo proprio della romanità che troviamo nelle immagini della Giustizia a partire dal XVI secolo, è inteso come potere di applicazione previsto dal diritto romano, e lo possiamo considerare un doppio della spada che in molte immagini, dal Rinascimento in poi, la sostituisce. Qui invece li troviamo ambedue a rafforzare l’immagine che rimanda ai fasti dell’antica Roma. Altri attributi che troviamo nelle rappresentazioni della Giustizia sono la corona e il trono. La corona che porta sul capo e il trono su cui in molti casi siede la Giustizia, non sono soltanto segni generici dell’onore che le si vuole rendere, ma indicano anche un rapporto preciso tra Giustizia e sovranità. E’ compito del sovrano legiferare e rendere giustizia. A volte gli artisti ci mostrano la figura della Giustizia che decora al fianco o ai piedi del sovrano la “D” iniziale delle prime parole in latino del libro della SAPIENZA (testo contenuto nella Bibbia cristiana): Diligite iustitiam qui iudicatis terram (Amate la giustizia, voi che governate la terra). (continua)

¹ Per rendervi conto della bellezza degli interni del palazzo vi consiglio di guardare le magnifiche foto sulla pagina del sito del Museo Regionale Villa Romana P. Armerina

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Tutti i Sindaci di Piazza

Aula del Palazzo di Città dove si riunisce il Consiglio Comunale di P. Armerina

Tutti i SINDACI di Piazza Armerina dall'Unità d'Italia ad oggi.

1-Gangitano Antonino 1860
2-Bonifacio Vincenzo 1861-1865
3-Velardita Salvatore, assessore anziano 1865
4-Trigona Emanuele, assessore delegato 1866
5-Chiello Francesco, assessore delegato 1866-1867
6-Trigona Ercole 1867-1868
7-Giorgio Pietro 1868-1870
8-Bonanno Calogero 1870-1873
9-Giorgio Pietro 1873-1875
10-De Pietra Enrico 1875-1876
11-Roccella Remigio 1876-1879
12-La Vaccara Benedetto 1879-1882
13-Crescimanno Antonio 1882-1889
14-Camerata Francesco 1890-1893
15-Crescimanno Antonio 1893-1895
16-De Pietra Enrico 1895-1897
17-Camerata Francesco 1897-1901
18-Merlo Ildebrando, regio commissario 1901-1902
19-De Pietra Enrico 1902-1903
20-Gullè Francesco 1903-1908
21-La Malfa Salvatore 1920-1913
22-Crescimanno Guglielmo 1913-1916
23-Ciancio Liborio 1916-1920
24-Romistella Francesco, regio commissario 1920
25-Lentini Arturo, regio commissario 1920
26-La Malfa Salvatore 1920-1923
27-Costa Felice, regio commissario 1924
28-Azzolina Giuseppe, regio commissario 1924
29-Golino Silvestro, regio commissario 1924
30-Blandino Michele, regio commissario 1924
31-Azzolina Giuseppe, regio commissario 1924
32-Di Giura Ascanio, regio commissario 1924
33-Azzolina Giuseppe, regio commissario 1925
34-Di Giura Ascanio, regio commissario 1925
35-Parlato Raffaele, sindaco poi podestà 1925-1930
36-Farina Luigi, regio commissario 1930-1932
37-Crapanzano Ernesto, regio commissario 1932-1933
38-Lo Jacono Giuseppe, regio commissario 1933-1935
39-Crea Gaetano, podestà 1935-1938
40-Blandino Emanuele, regio commissario 1938
41-Arena Antonino, regio commissario 1938
42-Velardita Nicolò, regio commissario 1938
43-Arena Antonino, regio commissario 1939-1942
44-Lo Jacono Giuseppe, regio commissario 1943
45-Bruno Ferruccio, nominato dagli Americani 1943
46-La Malfa Salvatore, regio commissario 1944
47-Kurunis Giovanni, regio commissario 1944
48-Sciacca Arnaldo, regio commissario 1944-1945
49-Conti Francesco 1946
50-La Malfa Salvatore 1946-1949
51-Cascino Agostino 1950
52-Sammarco Giuseppe 1951
53-Conti Francesco 1952-1956
54-Giammusso Salvatore 1956
55-Crescimanno Antonio Salvatore 1956-1958
56-Villari Riccardo, commissario regionale 1958-1959
57-Crescimanno Lelio, commissario regionale 1959-1960
58-Lo Giudice Giacinto, commissario regionale 1960
59-Sammarco Giuseppe 1960-1970
60-Conti Francesco 1970-1971
61-Trebastoni Mario 1971-1972
62-Sammarco Giuseppe 1972-1974
63-Avanzato Gino 1974-1975
64-Sammarco Giuseppe 1975
65-Crescimanno Roberto 1976-1978
66-Motta Salvatore 1978-1980
67-Gaetano Ramunno 1980
68-Di Vita Nicola 1980-1984
69-Ramunno Gaetano 1985
70-Furnari Ignazio 1985-1989
71-Di Vita Nicola 1989
72-Palermo Rosario 1989-1990
73-Furnari Ignazio 1990
74-Scibona Carmelo 1990-1992
75-Di Vita Nicola 1992-1993
76-Sottosanti Fulvio 1993-1997
77-Sottosanti Fulvio 1997-1999
78-Velardita Ivan 1999-2004
79-Prestifilippo Maurizio 2004-2008
80-Nigrelli Fausto Carmelo 2008-2013
81-Miroddi Filippo 2013 in carica
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Le vie di Piazza/G

Chiesa degli Angeli Custodi, via Monte, Piazza Armerina

Dal 20 ottobre 2016 ho iniziato ad elencare tutte le strade di Piazza Armerina, con scritto accanto da dove iniziano sin dove arrivano, per meglio localizzarle. Lo scopo principale è quello di far conoscere ai Piazzesi e non il nome sia delle strade conosciute, sia delle tante sconosciute ai più e con nomi particolari. Ogni post elencherà le vie in ordine alfabetico e, per quanto possibile, è stato messo a chi è stata intitolata. Si accettano segnalazioni di eventuali vie sfuggite nella compilazione.

G

V.le GEN. GAETA, (Giuseppe, Enna 1896-1951) dal 2011 V.le Conte Ruggero, da piazza Sen. Marescalchi a Bivio Madonna della Noce  
S.ta GAMUZZA, da via S. Principato a via Ferro
Via GARAO, da via Roma a via Sant'Antonio Abate
P.zza GARIBALDI, (generale condottiero) da via G. Marconi a via Roma e via Cavour
Via GAROFALO, da via Di Benedetto a piano S. Filippo
Via GEBBIA LEONARDO, (preside Ist. Magistrale) da via Don Milani (ex via Padova) a Cimitero Bellia
Vico GELA, nella via Vittorio Emanuele Orlando
Via GENOVA, (famiglia) da via Cammarata a via La Bella
Via GENOVESE, da p.zza Regione Siciliana a via Mandorla
Via GENSABELLA, (Carmelo, caduto 2^ G.M.) da via Salemi a via Pietro Cagni
Via GERACI, (baronia) da via Monte a via A, Crescimanno
Via GERMANÀ, da via Cucuccio a via A. Crea
Via GERVASI, da via Cardinale a via Camp. S. Martino
Via GESÙ MARIA, (chiesa) da piano S. Martino a via Sotto Rocca S. Martino
Via GIAMBERTONE PROSPERO, (carmelitano, storico XVII sec.) da via F. Cagno a via Monza
Via GIARRIZZO CARMELO, (pittore) da via G. Abate a piazza G. Crea
Via GIARRIZZO MICHELANGELO, (architetto) da via Tudisco a via Catena
Vico GIARRUZZO, da via Carmine a piano Venerella
P.zza GIULIANO GIORGIO BORIS, (commissario) da via Chiarandà a via F. Guccio-R. Roccella-Intorcetta
Via GIUNTA, (Aurelio, ammiraglio medico) da via Laubia a via Parlascino
Piazza GEN. GIUNTA, (Giuseppe) da via Monte a via Roccabianca

Piazza GIOVANNI PAOLO II, (pontefice) tra via N. Di Vita e Vie Vitt. Alfieri e R. Orlando
Via GIURBINO, (Filippo, sacerdote 1819) da via S. Rosalia a Largo S. Onofrio
Via GIUSTO, (Francesco, poi frate francescano Egidio) da via F.lli Bruno a via Mons. Sturzo
Via GIUSTO PASQUALE, (Dr Pasqualino, cons. com.) da via Diana a P.zza G. Crea
Via GOLINO ANGELO, (caduto 1^ G.M. e omonimo 2^ G.M.) da piano Arcurio a via Cascino
P.zza GORIZIA, nella via Trieste
Via GOZZANO, (Guido, poeta) da via A. Manzoni a c.da Doniamare
Via GRANATO ITALO, (Filippo, ispettore scolastico) da via Papa Roncalli a c.da Aldovino
Via GRASSO, da via Laubia a Via Parlascino
Via GRASSI TOMMASO, da via Carducci a c.da Scarante
Via GRECO, da vico Scalo a via S. Lucia
Vico GRILLO, da via Castellina a via S. Veneranda
S.ta GRISAFFI, da via S. Rosalia a via Cavour
Via GROTTACALDA, da via Don Milani (ex via Padova) a c.da Domartino
Via GUADAGNA, da via Pavone a via Muscarà
Vico GUADAGNINO, da via Giusto a via Mons. Sturzo
C.le GUCCIO, nella via Muzzicato
Via GUCCIO FILIPPO, da via Ge. Ciancio a via T. Tasso
Via GUELI FRANCESCO, da via F. Cagno a via Monza

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Per chi viene il Natale?

Il Natale, la festa più sentita dai cristiani, arriva ogni anno per tutti e pieno di buoni propositi che poi, implacabilmente e “amorevolmente”, non verranno mantenuti. L’unico che si realizza è, forse, il breve conforto che ne trae chi veramente soffre da una visita al suo capezzale, forse l’ultima, di un parente o di un amico.

P’ CU VÉNGH U NATÀLI?!

Pu s’gnör e pu p’zzènt,
p’ cu ggh’av  tutt e cu nènt.

P’ cu sciala e rìd da mattìna a sèra,
p’ cu s’sciua i ddàrmi e no mèntr suspira.

U Natàli rìva ogn ann,
a cèrti ch’stiài r’gala cunòrt ad àutri péna e affànn.

Bèu u Natàli p’ cu ggh’av i grài
spènn e spànn e scanc’lla i so guài!

Sonn ‘n Natàli senza problèmi...
Nènt òdiu, né guèrra, nènt polit’ci spezzalèmi!

‘N Natàli pacìf’ch...d serenità;
 u mönn u d’siass, ma pöi, nènt fa!

P’ real’zzè st d’s’dèri,
ch’ nan è d aguànn ma u stìss d ieri,

ggh’ vulèss n’esèrc’t d böni ch’stiài
ch’ annass pu mönn a r’sòrv i guài!

E  méntr fasgiöma sti beddi p’nsàdi
u Natàli arr’va a quàttr gàmmadi.

Ca so f’rmèzza spalanca ogn porta,
e au cav’zzau du malà’t u d’lor cunòrta...


Rosalba Termini, dicembre 2016

Traduzione
PER CHI VIENE IL NATALE?!

Per il signore e per il pezzente,
per chi ha tutto e chi niente.
Per chi si diverte e ride dalla mattina alla sera,
per chi si asciuga le lacrime mentre sospira.
Il Natale arriva ogni anno, a certe persone regala conforto
ad altri pena e affanno.
Bello il Natale per chi ha i soldi,
spende e spande e cancella i suoi guai.
Sogno un Natale senza problemi...
Niente odio, nè guerra, niente politici inefficienti!
Un Natale pacifico... di serenità;
il mondo lo desidererebbe ma poi, niente fa!
Per realizzare questo desiderio, che non è di quest’anno
ma lo stesso di ieri,
ci vorrebbe un esercito di buone persone
che andasse per il mondo a risolvere i guai!
E mentre facciamo questi bei pensieri
il Natale arriva di corsa.
Con la sua fermezza spalanca ogni porta
e al capezzale del malato il dolore conforta...
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Natale di Francesco

NATALE

Brilla nel cielo una stella,
reca la lieta novella:
l'Unto del Padre Celeste
viene a noi, in umana veste.

È nato in una caverna,
e ha portato luce eterna.
Per l'intera umanità,
ora inizia un'altra età.

Son Maria e Giuseppe estatici,
mentre echeggian cori angelici.
Giace, come un poverello,
fra il bue e l'asinello.

Lui, Pastore Universale,
ha i pastori al capezzale.
Ha trasmesso alla gente,
un messaggio stravolgente:

che ciascuno sia animato,
d'amor disinteressato.
Davanti a Lui, i potenti,
stanno dietro agli indigenti.

Ma affermar: "Povero Cristo",
Gli si fa un gran torto:
siamo noi, i bisognosi
dei suoi doni prodigiosi.

L'uomo, col suo "Super io",
vuol porsi ora, al par di Dio;
se ognun fa per se una legge,
si smarrisce tutto il gregge.

I precetti del Signore,
sono eterni, e di ogni cuore.
È dovere dei discepoli
accettarli, senza scrupoli.

Adoriamo questo Dio,
e che ognuno dica: "È mio".

Francesco Manteo

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Natale per Maritena

A nuvèna nâ ciàzza davànti a crèsgia d Fun'rò

Non è assolutamente facile esprimere i propri sentimenti nella nostra lingua gallo-italica. Qualcuno ci prova, confermando che i ricordi d'infanzia, attraverso la parlata dei nostri avi, sono indimenticabili, specie quelli vissuti in pace, allegria, armonia e semplicità.   

NATÀLI

Natàli, chi fèsta d pasg marav'gghiösa
nàsc u Bam'néddu e b'n'dìsg ogn còsa.

Però, a èss s'nzèri, nudd p'nza ciù a priè
ma sö a mangè, giuè e 'nt'cunniè.

S f'rriöma i quartéri 'ncumpagnìa
s sent 'ndl'aria e pa vìa vìa

n'odör d còsi frìtti, còsi ddécchi:
cardöi, baccalà, sfìngi e cassatèddi.

A p'nzèggh cösta è 'na trad'ziöngh d'autri témpi,
témpi s'nzèri ch' nan tòrn'nu ciù,

quànn tutti s'ttàti a tavulìngh
mangiàvmu passulöi, mènnuli, nösg e n'zzoli

e b'vév'mu u vìngh na cannatèdda.
Chi bén d Déu!

Cöst è u Natàli,
fèsta d pasg e d'all'grìa,

'mpùru a nuvèna
è na d'voziöngh d'armunìa.

Maritena Cremona

Traduzione (di Gaetano Masuzzo)

NATALE
Natale, che festa di pace meravigliosa
nasce Gesù Bambino e benedice ogni cosa.

Però, ad essere sinceri, nessuno pensa più a pregare...
ma solo a mangiare, giocare e divorare.

Se giriamo per i quartieri in compagnia
si sente nell'aria e per ogni via

un odore di cose fritte, cose dolci:
cardi, baccalà, sfingi e cassatelle.

A pensarci, questa è una tradizione d'altri tempi,
tempi sinceri che non tornano più,

quando tutti seduti a tavola
mangiavamo fichi secchi, mandorle, noci e nocciole

e bevevamo il vino nel boccale.
Che ben di Dio!

Questo è il Natale,
festa di pace e di allegria,

pure la novena
è una devozione d'armonia.

cronarmerina.it

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