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Cronarmerina - Febbraio 2016

1925 I Commercianti a Piazza/1

In questi giorni un'amica mi ha fatto avere tra le mani l'Annuario Generale Commerciale Della Sicilia e delle Calabrie, una sorta di "Pagine Gialle" di quasi un secolo fa, quando ancora Piazza Armerina era in provincia di Caltanissetta. Stampato a Catania, presso la tipografia E. Giandolfo & C. coi tipi a linotype del Corriere della Sicilia, nel 1925 e finito di stampare nel 1926, il grosso volume di 1644 pagine, che costava £. 75, elenca tutte le Ditte della Sicilia e della Calabria, compresi tutti i medici di allora, quindi anche quelli che esercitavano nella nostra Città. Ogni attività commerciale è tradotta in quattro lingue (francese, inglese, tedesco e spagnuolo) a dimostrazione che, come viene ricordato nella Prefazione "Questa pubblicazione, che tende sempre più a rispondere alle necessità della nostra terra, vuole essere lo specchio fedele della multiforme vita industriale e commerciale Siciliana e Calabrese, assurta in questi ultimi anni a singolare importanza nel quadro complessivo della economia italiana." Aprendo il volume, in prima pagina, dove in alto campeggia lo stemma del re Vittorio Emanuele III di Savoia, troviamo la scritta in bella calligrafia del proprietario dell'Annuario, Cassa Operaia Democratica Cristiana, una delle otto banche presenti a Piazza in quel periodo, col numero d'inventario 2791 e tre timbri col bollo a inchiostro nero della banca. Nei prossimi post vi elencherò tutte le ditte piazzesi e non vi nascondo che è stato emozionante scoprire che già allora c'era qualche mio e nostro conoscente (nonni e bisnonni) che aveva intrapreso attività commerciali sino ad oggi sconosciute. Questo a dimostrazione che c'è sempre da scoprire anche nelle vite dei nostri antenati più o meno lontani, sia nel tempo che nella parentela. (continua)

cronarmerina.it

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1785 Turista Abate de Saint-Non/Piazza 3

Il "reporter" del Saint-Non, Déodat de Dolomieu (1750-1801)

Vista dei dintorni delle città di Piazza e Pietra-Percia

(Abate de Saint-Non, Voyage Pittoresque... , Vol. IV, Parte II, Cap. XIV, Tav. CXXVII, p. 329)

- traduzione a cura di Maria Rizzo e Salvo Sinagra -

- segnalazione di Maurizio Prestifilippo -

3

Le campagne di Piazza, oltre il grano, di cui producono una grandissima quantità, forniscono anche un'infinità di altri prodotti da esportazione. Vi cresce la canapa e il lino e tutte le Città vicine vengono a fornirsi dei generi che la natura può produrre e di cui queste campagne forniscono un'immensa quantità. Le nocciole sono oggetto di commercio importante, pertanto i boschi di noisettiers sono coltivati con una cura infinita, richiedono altrettanta attenzione delle viti e hanno bisogno di frequenti irrigazioni. I vini sono di buona qualità e in grande abbondanza. Si esporta anche una grande quantità di pinoli, con cui si fanno degli ottimi dolci e pistacchi comparabili a quelli di Aleppo. Gli oli di oliva sono i migliori della Sicilia, perché si fanno con più cura. In una parola Piazza è uno dei Paesi del mondo più avvantaggiato dalla natura. Ma devo rendere giustizia anche agli Abitanti, essi non si lasciano andare a quell'ozio, quell'indolenza che è propria dei Paesi fertili e caldi; sono attivi, hanno molta intelligenza per l'agricoltura, sono ottimi Giardinieri ed eseguono perfettamente le irrigazioni. La fertilità delle campagne di Piazza è dovuta all'abbondanza delle sue acque e al suo buon uso che di essa si fa. Il Pittore non potrebbe rendere che imperfettamente nei suoi Paesaggi la bellezza delle campagne di Piazza; le preziosità vi sarebbero talmente profuse, che verrebbe sempre da pensare che le sue composizioni siano l'effetto dell'entusiasmo o di un'immaginazione feconda, sebbene i suoi quadri sarebbero realtà inferiori alla natura stessa. Sotto le mura della Città, vicino al luogo dove si svolge il Mercato¹, c'è un albero notevole per la sua anzianità e per l'epoca nella quale è stato piantato. E' un olivo che ha più di seicento anni, poiché fu piantato nel 1163, quando la Città fu restaurata sotto il regno di Guglielmo il Buono²; non è molto grande ma non sembra assolutamente malandato per la vecchiaia. Lo si conserva con cura, avendo preso la precauzione di costruire un muretto per sostenere la terra dove affonda le sue radici e vi è stata collocata una Targa, dove con due versi latini si ricorda la sua origine comune con la Città.

Par Urbi, ac olice ubertas, aequalis origo,

Sepibus huic arbor crescat et Urbis honor.


Il nome di questa Città è stato dato, perché essa fu la Piazza d'armi di Ruggero, quando conquistò la Sicilia. Si conserva nella cattedrale lo stendardo di questo Conquistatore. Piazza porta il titolo di Urbs opulentissima. Il Linguaggio degli abitanti differisce da quello del resto della Sicilia, si avvicina alla Lingua Romanza di cui ha conservato molte parole.

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¹ Secondo me si tratta del Piano Teatini, un tempo Piano del Patrisanto, poi Piano del Mercato Settimanale e, infine, oggi Piazza Martiri d'Ungheria. Ovviamente dell'antico albero di olivo non sono rimaste né le radici, né le olive e neanche la targa.

² Qui si riscontra un errore perché ormai si sa che il Re, che prima distrusse nel 1161 e poi riedificò a qualche chilomentro più a Nord-Est l'antica Platia, fu lo stesso Guglielmo il Malo nel 1163.

* Riflessioni personali: "Basterebbero queste impressioni di due secoli fa per dichiarare la città di Piazza e i suoi dintorni sito UNESCO da tutelare, e i Piazzesi?"

Gaetano Masuzzo/cronarmerina.it

 

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Traduzione Aöi t' fruntàsti d' saluérm

 

Piano Pretura

OGGI TI SEI VERGOGNATA DI SALUTARMI

Quando sei abituata a vedere tuo padre nelle foto appese in casa

Vestito in alta uniforme, con quella bella divisa nera di carabiniere,

Quella bella fascia bianca e sulla testa il cappello col pennacchio colorato

E tu sei una bambina di nove dieci anni

Che inizia a domandarsi i primi perché e per come della vita,

Non ti capaciti a veder tuo padre in giro per casa diverso da quelle foto.

Là, giovane e bello come il sole coi capelli neri

E due baffetti che gli davano solo l'aspetto dell'uomo autoritario

Perché sotto sotto lui era buono come il pane.

Ma lo sappiamo, il tempo è un gran camminatore

E intanto tu cresci e pure tuo padre non assomiglia più

Al bel carabiniere del ritatto.

La divisa nera ha lasciato il posto a una giacchetta marrone

Neanche tanto nuova. Invece delle scarpe nere e lucide

Gli vedi ai piedi stivali alti sino al ginocchio.

Il bel cappello col pennacchio colorato

È rimasto nel ritratto

Perché ora tuo padre usa un berretto.

E vestito così ogni mattina se ne deve andare alla Bellia

Dove lavora come caposquadra

Per arrotondare il soldi della sua pensione di carabiniere.

Quando la sera lui torna a casa stanco

Gli vai incontro te lo abbracci e non importa

Se non è vestito in alta uniforme.

Quella volta però mentre stavi giocando a nascondino

Al Piano Pretura insieme al solito gruppetto di bambini amici tuoi  

Scorgesti da lontano tuo padre che stava tornando a casa dopo il lavoro.

Tu con la coda degli occhi

Vedendolo vestito come abbiamo spiegato prima

Provasti UN AMARO SENTIMENTO DI VERGOGNA.

Vicino a te c'erano i tuoi compagnetti

E non avresti mai voluto che loro avessero visto tuo padre

Vestito in quel modo.

Allora facesti un atto che ancora oggi alla tua coscienza dà fastidio

Ti sei girata dall'altra parte

Per far finta di non conoscerlo.

Tuo padre era un uomo silenzioso e le sue poche parole

Preferiva dirle con gli occhi. Ma quella sera, seduti a tavola

I suoi occhi rimasero a fissare il piatto della minestra che aveva davanti.

E fu così che le tue orecchie ascoltarono ciò che mai e poi mai

Una figlia avrebbe voluto sentirsi dire da suo padre

OGGI TI SEI VERGOGNATA DI SALUTARMI.

 

Rosalba Termini, Febbraio 2016

cronarmerina.it

 

 

 

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Rimproveri antiquati ma indelebili

Il carabiniere del ritratto, Ful'ppìnu Termini

 Anni 50, altri tempi, altra educazione, altri valori, ormai obsoleti e fuori moda.


AÖI T' FRUNTÀSTI D' SALUÈR'M


Quànn sï ab'tuàta a ved to pàtri ntê r'tràtti 'mpuru 'mp'nnui casa casa

V'stuit 'n pòmpa magna, cu ddà bedda d'visa nèra d' carrub'nèr,

Ddà bedda fascia bianca e 'n tèsta u capèu cu p'nnàcch culöratu


E tu sï 'na p'c'ddètta d' növ désg ànnetti

Ch' cumenza a dumannè's i primi p'rchì e p'rcom da vita

Nan t' capac'ti a ved to pàtri casa casa d'vers d' cö dî r'tràtti.


Ddà, giövu e b'ddàzz com u sö cu i cavègghi nèri

E döi musàzzetti ch' ggh dèv'nu so l'apparènza d' l'om autor'tàri

P'rchì sötta sötta jéu era böngh com u pangh.


Ma u savöma, u temp è 'n rann cam'naör

E 'ntant tu crésci e 'mpùru to pà nan ha ciù a s'm'gghiànza

Du bèu carrub'nèr du r'tràtt.


A dìvisa nèra ha lasciàit u pòst a na giaccghètta marröngh

Manch tant növa. O post di scàrpi nèri e luc'di

Ggh vidi e pè st'vàli àuti o g'nögg.


U bèu capèu cu p'nnàcch culöratu

Ha r'stà ntô r'tràtt

P'rchì ora to pà usa na b'rrètta.


E v'stu accuscì ogn' mattingh s' n'ara anné a B'ddìa

Unna travagghia còm cap'squatra

P'aum'ntè i grài da so pensiôngh d' carrub'nèr.


Quann a séra jèu s' r'cöggh 'n casa stànch

Ggh vai 'ncontr tu brazzi e nan t' 'mpòrta

S' nan è v'stuit 'n pòmpa magna.


'N ddà vòta però no mèntr ch' stavi giuànn e mùcci

O Ciàngh Pretùra 'nzému o sòl't grùppètt d' carusetti amici toi

Scarìsti d' dduntàngh to pàtri ch' s' stava r'cögghienn 'n casa dòp u travàggh.


Tu ca cöda d' l'òggi

V'ddenn'lu v'stuit còm avöma spiegat prima

Pruvàsti N'AMAR S'NT'MENT D' V'RGOGNA.


V'sgingh a ti ggh'er'nu i toi cumpagnétti

E non avisci mai vulùit ch' jeddi avvess'nu v'duit to pàtri

V'stuit 'n ddà manèra.


Allöra fasgisti n'att ch' ancö aôi a to cuscenza r'mulìa

T' vutasti d' ddabànna

P' fè finta d' nan canösc'lu.


To pàtri era n'om mutàngh'n e i so pochi paròddi

I disgeva d' preferènza cu l'öggi. Ma cödda sèra, s'tàti 'n tàvula

I so öggi r'sta'nu a f'ssé u piàtt da m'nèstra ch' ggh'avéa danànzi.


E fu accuscì ch' i to aréggi scutànu cô ch' mai e pöi mai

Na figghia avèss vulùit sent's dì d' so pà

"AÖI T' FRUNTÀSTI D' SALUÈR'M".


Rosalba Termini, Febbraio 2016

N.B. Di questa poesia è disponibile la traduzione


 cronarmerina.it

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