ExclusiveCentraleSx
ExclusiveCentraleDx

Cronarmerina - Aprile 2025

Il VESPRO di Roccella

La copertina della ristampa con lo stemma di Piazza, in basso il II da sx 
Dopo aver elencato i 101 militi/nobili di Placea mobilitati da re Pietro d'Aragona nel gennaio del 1283, per combattere contro i Francesi-Angioini, durante la sollevazione popolare conosciuta come Vespro Siciliano, mi sembra opportuno riportare una poesia in gallo-italico, composta da un nostro concittadino in ricordo di quei tragici e difficili anni. La poesia è tratta da una Ristampa anastatica dell'edizione "Sicilia-Vespro" del 1882 per commemorarne il VI centenario (1282-1882). Il volumetto¹, infatti, racchiude una vera e propria antologia di scritti degli uomini di cultura di quel tempo che, pur essendo di discipline differenti e di convizioni politiche diverse, vollero rendere più solenne la celebrazione. Fra questi ci fu anche il nostro notaio Remigio Roccella (1829-1916) che prese spunto dall'assedio che gli Angioini effettuarono alla nostra città non nel 1282, bensì 17 anni dopo, nel 1299. L'assedio del duca Roberto I d'Angiò, che già aveva causato la breccia (u pr'tusg') nelle mura a protezione del borgo della Castellina, fu tolto grazie alla resistenza dei Piazzesi che reagirono aiutati da circa 60 Cavalieri Templari e Ospedalieri di guarnigione in città guidati dal trapanese Palmerio Abate e  dal catalano Guglielmo Calcerando. La battaglia decisiva avvenne sul piano del Patrisanto (piano Teatini) allora fuori le mura, infliggendo al Duca una dura e sanguinosa sconfitta che lo costrinse a ritirarsi verso Paternò. L'eroica resistenza di Piazza fu l'unica vittoria registrata dai Siciliani in quell'amara stagione del 1299. Tre anni dopo fu firmato il trattato di pace di Caltabellotta che riconobbe a Federico I d'Aragona (1272-1337) il regno di Sicilia², re che sette anni dopo, nel 1309, avrebbe approvato le Consuetudini di Piazza, il nostro codice civile. Eccovi la poesia del nostro concittadino che troviamo a pag. 30 del volumetto:
PER L'EROICO ASSEDIO
SOSTENUTO DAI PIAZZESI
PER LA GUERRA DEL VESPRO
Ottava in dialetto piazzese
 
Ombra di t'rr'nanni ! m' paress,
Ch ' v' ve' sövra i muri e u turriöng,
Armadi cui d' rönca, e cui d' fess,
Cui d' spe' cui d' spata e d' p'ccöngh;
E m' par davveru ch' s'ntess
I vostri vösg' ch' ing'nu u vaddöngh:
Non ggh'è patt ch' tengh ! Aum, Ciaccesi,
Meggh' murì, ch' dèv'n ai Francesi !!
 
Remigio Roccella
 
Traduzione 
Ombra dei proavi ! mi sembra,
Vedervi sulle mura e sul torrione
Armati chi di roncone, chi di accetta,
Chi di spiedo, chi di spada e di piccone;
E mi sembra che veramente udissi 
Le vostre voci che rimbombano nella vallata:
Rigettiamo ogni patto ! Coraggio, Piazzesi,
Meglio morir, che arrenderci ai Francesi !!
_______________________________________________ 
¹Segnalatomi dall'assiduo lettore e visitatore del blog, Vtr.
²E' lo stesso regnante che nel 1296 era venuto a Placia per convocare, in un caseggiato al nunero civico 25 dell'odierna via Crocifisso, il Parlamento con i baroni e i nobili delle città demaniali e decidere la guerra contro i d'Angiò. Nell'occasione la nostra città offrì al re un donativo di 12.000 fiorini per ricevere privilegi ed esenzioni e, qualche anno più tardi, le nostre Consuetudini.  
Gaetano Masuzzo/cronarmerina               
Leggi tutto...

1283 - I 101 militi di Placea/3

3
Ultimi 41 nominativi dei 101 militi o nobili residenti a Piazza nel gennaio del 1283, quando il re spagnolo Pietro d'Aragona chiamava alle armi i militi nobili siciliani per dar battaglia ai Francesi-Angioini, subito dopo la ribellione agli abusi e al fiscalismo scellerato dei Francesi dell'anno prima chiamata Vespro:
de Roffino Raynaldo (o de Rofino, Roffino, origine lombardo-piemontese)
de Sagio G. (poi Saggio, origine lombardo-piemontese)¹
de Sagio G. (poi Saggio, origine lombardo-piemontese)¹
de Salerno G.
de Salerno P.
de Sancto Pastorerio Thomasio
de Sancto Philippo Bonsignorio (poi Sanfilippo, orig. spagnola-valenziana, in famiglie piazzesi)
de Sancto Philippo Oberto (poi Sanfilippo, orig. spagnola-valenziana, in famiglie piazzesi)
de Savina G.
de Sinibardo G. (70)
 
de Sparverio G. (o Sparverio, origine lombardo-piemontese)
de Sparverio Johanni (origine lombardo-piemontese)
de Spraveria G.
de Vicino Jacobo (origine lombardo-piemontese)
Ferrario Leonardo
Garollo P. (origine lombardo-piemontese)
Gavono G. (origine lombardo-piemontese)
Gistelle Johanni
Lombardo Jacopo (origine lomabrdo-piemontese)
Magistro Bonaventure (80)

Mammane G. (forse poi Mammano)
Nobili G.
Petrella Henrico (poi Pitrella, origine lombardo-piemontese)²
Petrella Henricuccio (poi Pitrella, origine lombardo-piemontese)²
Phedelupo Johanni notario (anche de Phidilupi)³
Philippo genero de Rufina Raynaldi (o de Roffino)
Rabufa G. (origine lombardo-piemontese)
Riccio G. (anche Ricio, Rizio, Ritio, Rizzo, origine napoletana, in elenco famiglie piazzesi)
Ricco Johanni (90)

Ricloco Bonsigerio
Risio Leonardo
Russetto Simoni (forse poi Rossetto)
Scacillo Jacobo
Scurasacco Henrico 
Sparverio Bartolomeo (o de Sparverio, origine lombardo-piemontese)
Tabernario G.
Tabernario Nicholao
Tusco Tano (ribelle a re Pietro d'Aragona, origine toscana)
Venelli Bartholomeo (100)
Viscoso Simone (101)
 
¹ Ho trovato due loro discendenti nella "Scheda dell'affresco della Madonna col Bambino in trono" della chiesa di Santa Maria di Gesù  in
http://www.piazza-grande.it/news/archivio/2007/radazionale/20071216_scheda_madonna.htm
² Antenato della famiglia Petrella o Pitrella proprietaria del borgo Casalotto nel XIV secolo.
³ In quel periodo in città c'era anche il notaio Guglielmo de Pedelupo o Phedelupo sicuramente parente di Johanni. 
Gaetano Masuzzo/cronarmerina.it
Leggi tutto...

1283 - I 101 militi di Placea/2

Cavalieri aragonesi del XIII secolo
 
2
Eccovi altri 40 nominativi dei 101 militi/nobili registrati a Piazza (allora chiamata Placea) nel 1283, ovvero quando re Pietro d'Aragona venne in "aiuto" dei Siciliani dopo che si erano ribellati ai Francesi-Angioini al tempo del Vespro:

de Condrono Simoni notario (o Fundrò, borgo a metà strada tra Piazza e Castrogiovanni)
de Castellana P.
de Campobaxo Mattheo (o Campobasso)
de Damiata Ade (origine lombardo-piemontese)
de Frascirolo Argumento
de Favara Riccardo
de Florencia Galterio (origine toscana)
de Florencia Jacobo (origine toscana)
de Gabriele Johanni (origine lombardo-piemontese)
de Ganga Lorenzo (30) (in gallo-italico: molare, dente)

de Gatta Conrado (feudo nei pressi di Mirabella Imbaccari)
de Hugacio Sinibaldo (poi Ugacio, origine toscana)
de Hugacio Uberto (poi Ugacio, origine toscana)
de Johanne Baldono portario
de Lantalino Bartolomeo
de Lantalino G.
de Magistro Bartolomeo G.
de Magistro Philippo Anselmo
de Magistro Rogerio Raynaldo
de Magistro Simone Rogerio (40)

de Magistro Simoni Rogerio
de Mammane Jacobo
de Margone Johanni
de Mayniaci Porrono (forse da Maniace paesino sui Nebrodi, origine bizantina)
de Mayniaci Raynaldo (forse da Maniace paesino sui Nebrodi, origine bizantina)
de Mazzarino Johanni (signore di Mongiolino e ribelle a re Pietro d'Aragona)¹
de Manenti Bellomo G.
de Medico Leonardo (origine toscana)
de Milite Andrea (origine lombardo-piemontese)
de Nichosia Donadeo (50) (da Nicosia, prov. EN)

de Nichosia Jacobo (da Nicosia, prov. EN)
de Nichosia Risio Johanni (da Nicosia, prov. EN)
de Palmerio Johanni
de Phidilupi Henrico (anche Phedelupo, Fedelupo, Fidilupo)
de Placea Gilberto
de Pollicio Bartolomeo (da Polizzi, prov. PA)
de Provero Jacobo (origine lombardo-piemontese)
de Prune Jacobo (da prugna)
de Rimano Henrico (forse da Rimini)
de Rofino Azumbardo (60) (o Roffino, origine lombardo-piemontese) 

¹ Mongiolino era un castello nei pressi dell'odierna Mineo. Nel 1285 il piazzese Mazzarino verrà arrestato e inviato in Catalogna per essere rinchiuso nel castello di Segurana. Due anni dopo, per ordine del nuovo re Giacomo d'Aragona, verrà annegato in mare in vista della Sicilia insieme a tutti i principali nemici siciliani che erano stati prigionieri in Catalogna.
Gaetano Masuzzo/cronarmerina.it 
Leggi tutto...

1283 - I 101 militi di Placea/1

 
Cavaliere del XIII sec.
 
1
Quasi alla fine del XIII secolo e precisamente al tempo del Vespro Siciliano la città di Piazza, che allora era demaniale¹ e si chiamava Placea o Plasia o Terra Placie, aveva nel suo vasto territorio molti militi o nobili, dei quali un documento dell'epoca² ci conserva ben 101 nominativi a cui il re Pietro d'Aragona fa recapitare nel gennaio del 1283, le lettere di mobilitazione (di cui non erano tanto entusiasti e perciò pronti a disobbedire per confermare lo spirito di libertà e di autonomia che li aveva animati durante il Vespro) contro il nemico re Carlo I d'Angiò (1226-1285). Ve li trascrivo qui sotto traendoli dall'incommensurabile volume dello storico Litterio Villari, Storia della Città di Piazza Armerina, 1981, pp. 153, 154. Eccovi i primi 20 dei 101 in ordine alfabetico, chissà che qualcuno non vi riconosca un antico antenato:

Anfusii P.  
Belingerio Bernardo
Cacalario G.
Cacerio Jacobo 
Caldarario G. (poi Caldarera, origine lombarda, in elenco famiglie piazzesi )
Caldarario Mannono (poi Caldarera, origine lombarda)
Catajode Gratiano 
de Acavellis Johanni
de Acio G. (paesino della Spagna Settentrionale)
de Aydona P. (10) (poi de Aidone, Aidone, in elenco famiglie piazzesi)

de Amure Leonardo (poi de Amore, Amore, in elenco famiglie piazzesi)
de Antietxa Riccardo 
de Ascherio Simoni
de Augusta Johanni
de Bella Bon Johanni  (origine toscana)
de Burgo Johanni Ferrario
de Caltagirone Ugolino (parente di Gualtiero, ribelle a re Pietro d'Aragona)
de Cammarata Anastasio (in elenco famiglie piazzesi)
de Cavellario G.
de Chondore Gerardo (20) (da Condrono poi Fundrò)

¹ Demaniale o Università era la città che rispondeva direttamente al sovrano ed era retta dal Regio Baiulo, i nobili e i castellani erano esclusi dall'elezioni di cariche municipali; quella feudale era la città sottoposta al controllo dei baroni e dei nobili feudatari.
² Pubblicati dal Sovrintendente agli Archivi della Sicilia Giuseppe Silvestri, De rebus regni Siciliae, PA, 1882, docc. dal 388 al 392.
Gaetano Masuzzo/cronarmerina.it

 

Leggi tutto...

Soluz. Aguzzate la vista n. 24

 
Riquadro rosso via Ferrante, nero via Monte, verde via S. Nicolò, giallo via Barbera
Già qualcuno il giorno stesso della pubblicazione del quesito aveva indovinato di che via si trattasse. Nonostante le varie sovrapposizioni nella scrittura del nome avvenuta lungo i decenni, dopo qualche ricerca sullo stradario può benissimo essere decifrato. È la via Ferrante che collega la via Monte a via Giarrizzo Michelangelo (e non Carmelo, che invece si trova al Casalotto) nel labirinto di viuzze dell'antico quartiere Monte. Se ci si affida a Google Maps è la fine. Infatti, cercando e zoomando su Google Maps la via Ferrante incrocia la via Catena, invece in realtà incrocia la via Monte (perchè questa arriva sin dove inizia la via San Nicolò, retrostante la chiesa della Madonna della Catena ex chiesa di San Nicolò) e, dopo averla percorsa, non incontra la via C. Giarrizzo ma il vico Patrì e poi la via Michelangelo Giarrizzo. Risalendo quest'ultima s'incontra la via Tudisco che continua per la via Crescimanno (ex via Madonna della Stella), scendendola s'incontra la via Vallone di Riso. La via Ferrante la troviamo scendendo la via Monte a sx, mentre di fronte sulla dx c'è la via Barbera (la foto con i riquadri colorati chiarisce tutto) e, per concludere, non sono riuscito a sapere a chi fosse intitolata.
cronarmerina.it
Leggi tutto...

Fontana c.da Cutuminello/n. 42

 
 
 
La n. 42 è la lunga Fontana/Abbeveratoio che si trova in c/da Cutuminello (anche Cutominello, Cotuminello, Cotominello). Questa contrada si trova a Sud di San Michele di Ganzaria e a Est del Monte della Scala* (791 metri s.l.m) che domina la Piana di Gela, a pochi chilometri dal Bivio Gigliotto, lungo la S.S. 117bis per Gela.  Probabilmente il suo nome è un diminutivo di quello della contrada più a Sud chiamata Cutumino (anche Cutomino, Cotumino, Cotomino), molto più conosciuta da noi Piazzesi perché era uno dei tanti feudi posseduti nei secoli da alcune famiglie nobili di Piazza. In questo caso quella dei Calascibetta¹ a cavallo del Cinquecento e Seicento, dei Genova² a metà del Seicento, degli Strazzeri e quindi dei Trigona nel Settecento. 
Negli ultimi decenni la zona è più conosciuta perché a un paio di chilometri dalla Strada Statale, verso l'interno del bosco di eucaliptus della Forestale, una vecchia masseria di metà Ottocento³ è stata trasformata dalla famiglia Golino in un accogliente e moderna azienda turistica. L'abbeveberatoio, non più in uso e senza acqua, si trova prima dell'ingresso all'azienda alla quale è stato dato il nome appunto di Vecchia Masseria, in ricordo della costruzione rurale simbolo della civiltà contadina che dava alloggio ai tanti lavoratori delle terre circostanti con grandi magazzini per l'ammasso dei raccolti.
 
*In età neolitica (6000-3000 a.C.) è registrata la presenza dell'uomo.
¹La famiglia Calascibetta aveva una cappella (la IV a dx) nella chiesa di S. Pietro considerata il Pantheon della nostra Città.
²La famiglia Genova, oltre al palazzo di via Umberto (una parallela si chiama per questo via Genova), nel Seicento possedette anche il palazzo Sanfilippo duca delle Grotte di via Vittorio Emanuele II, di fronte la farmacia.
³Le masserie furono il prodotto della colonizzazione dei baroni di vaste aree interne abbandonate e incolte nei secoli XVI e XVII, quando la Spagna, per approvvigionarsi di cereali, concedeva la licenza di ripopolamento ai nobili del Regno delle Due Sicilie, i quali arrivavano a fondare perfino dei veri e propri villaggi, poi borghi e paesi, nei dintorni della costruzione originaria. (Wikipedia) Nell'800 il proprietario era il barone palermitano Andrea Guccione.  
cronarmerina.it
          
  • Pubblicato in Fontane
Leggi tutto...

Andate a vederlo, è del 1433 ca.

 
 
 
 
 
Dopo avervi parlato dell'edicola votiva alla base della croce di Santa Maria Gesù, non posso non parlarvi del prezioso affresco che era ospitato su un altare della chiesa di questo luogo fuori le mura e che vi aspetta dal 2011 nella I Sala Rossa della nostra Pinacoteca Comunale di via Monte. Qualche anno fa su segnalazione del critico d'arte Vittorio Sgarbi, la Soprintendenza per i Beni Culturali di Enna curò il restauro dell'affresco della prima metà del quarto decennio del XV secolo (1433 ca.) a cui venne dato il nome di Madonna col Bambino in trono (foto in alto). Subito l'opera venne correttamente attribuita al cosidetto "Maestro del Polittico di San Martino", con l'intervento, forse, di uno stretto collaboratore. Nella parte inferiore dell'affresco si legge la scritta "Sancta Maria de Yesu", che ricorda l'antica collocazione nella chiesa francescana di Santa Maria di Gesù, così intitolata dai frati Osservanti nel 1430¹, anno che va quindi considerato come termine post quem (n.d.r. dopo il quale) per la datazione. Nonostante le lacune e le abrasioni, l'opera presenta elementi di grande raffinatezza ed eleganza formale, sia negli ornamenti del trono che nei particolari degli strumenti musicali suonati dagli angeli², nelle pieghe e nei ricercati decori della veste e del manto della Vergine, nei visi di quest'ultima e del Bambino. Lo stile e i caratteri fisionomici richiamano da vicino la produzione di cultura tardogotica valenciana nei suoi esiti siciliani, in particolare le opere riunite sotto il nome di un artista ancora anonimo, il cosidetto "Maestro del Polittico di San Martino", così denominato dal Polittico della chiesa di San Martino di Siracusa e da altre opere esistenti a Siracusa e nell'area centro-meridionale della Sicilia. (tratto dalla Guida-Simpa, Pinacoteca Comunale, 2012, Sagep Editori, p. 4)
E non è finita qui. Guardando attentamente l'affresco si notano due elementi molto interessanti. Il primo è che il Bambino con l'indice della sua mano sx indica il seno della Madonna; il secondo è che nella sua mano dx il Bambino tiene una colomba (foto in basso). Il dipinto era stato collocato nel riquadro della cornice marmorea sull'altare della parete settentrionale della chiesa e, dal 1667, in parte nascosto da un'ulteriore cornice lignea intagliata e policroma che lasciava in vista solo il mezzo busto della Madonna e la figura del Bambino*. L'affresco, la sua sinopia³ e la cornice lignea sono ospitate nella nostra Pinacoteca Comunale, dove si accede aggratis, ripeto, aggratis, tutti i giorni, tranne il lunedì, dalle 10 alle 18. Che dite, si può fare questo enorme sacrificio? Io direi di sì.

¹ La chiesetta di c/da Rambaldo, che i frati ottengono al loro arrivo nel 1418, già esisteva ma non se ne conosce il nome. In quel periodo a Piazza esisteva già una chiesa dedicata a S. Maria di Gesù, era situata al Monte e nel 1444 le venne dato il nome di SS. Trinità (oggi sede della Pinacoteca Comunale).   
² Da osservare da vicino in specialmodo i colori e i particolari di quello a sx che suona la vihuela de mano, antico strumento musicale della famiglia dei liuti che si suonava pizzicando le corde. Apparso in Spagna nel Quattrocento si diffuse rapidamente nei paesi che si trovavano sotto l'influenza o la dominazione spagnola; 
³ Abbozzo preparatorio.
* Per maggiori dettagli leggetevi la scheda su 
http://www.piazza-grande.it/news/archivio/2007/redazionale/20071216_scheda_madonna.htm

Gaetano Masuzzo/cronarmerina
  • Pubblicato in Cose
Leggi tutto...

Edicola n. 32

Questa è l'Edicola Votiva n. 32 del nostro censimento ed è quella incastonata nel piedistallo in pietra¹, con l'anno 1662 scolpito in alto ai lati della stessa (a sx 16, a dx 62), che regge la croce in ferro di Santa Maria di Gesù. L'edicola racchiude, dietro una robusta grata di ferro, una grande statua dell'Immacolata Concezione ed è rivolta verso la strada (la SP89a) che, proveniente da Gran Priorato di Sant'Andrea,  conduce alla chiesa, al convento e, quindi, al cimitero dei frati francescani (o Minori) dell'Osservanza. Nonostante sia in stato di completo abbandono, il sito è tra i più suggestivi e ricchi di storia dei nostri dintorni. Già dal II secolo dopo Cristo il sito di c/da Rambaldo registra un piccolo centro urbano di età romana. Intorno all'anno 1000 accoglie uno dei tanti accasermamenti di truppe gallo-italiche o lombarde, poi diventati borghi fortificati per il controllo della popolazione araba rimasta nei casali sottomessi. Nel 1161 è tra i casali ribelli assediati e distrutti per la punizione inflitta da re Guglielmo I il Malo. È nel 1418 che la chiesetta di questa contrada diventa punto di riferimento per i Frati che, guidati dal frate francescano osservante (poi anche beato) Matteo De Gallo di Agrigento, si raccolgono per interpretare in modo assai rigido la regola di S. Francesco dedicando la chiesetta a Santa Maria di Gesù. Fra Matteo, oltre ai conventi degli Osservanti di Palermo, di Cammarata, di Messina e di Caltragirone, fonda anche il convento di Piazza al quale viene dato lo stesso nome della chiesetta e, nel giro di pochi anni, diventa il primo della provincia monastica di Siracusa, tanto da essere definito nidus et Seminarium Santorum. Nel 1533 fra Simone Napoli da Calascibetta ottiene di ritirarsi coi suoi seguaci nel convento di Santa Maria di Gesù per rivivere la vita da anacoreti. Nel 1567 sono fra Bonaventura Sciascia da Girgenti e fra Paolo da Palazzolo a ripristinare la Riforma (l'Osservanza più rigorosa) e continuare l'esperimento con i due conventi di Piazza che diventano così Custodia di Riformati. Nei secoli successivi chiesetta e convento vengono ingranditi, abbelliti, decorati, rinnovati e forniti di una preziosa biblioteca, diventando anche Seminario di Dottrina². Tre secoli dopo i frati Minori di Santa Maria di Gesù vengono espulsi³ e il patrimonio passa al Fondo Edifici per il Culto. Il Convento e il giardino sono acquistati dal Municipio di Piazza che, in seguito al colera del 1867, destina la selva a cimitero. Sino agli anni 30 del secolo scorso ogni 2 luglio, per la festa della Madonna delle Grazie, era consuetudine fare pellegrinaggio a piedi sino alla chiesa e al convento. Intorno al 1934 si registra il loro definitivo abbandono. Tra qualche anno sarà trascorso un Secolo.
¹ Dove ultimamente ho notato visibilissime e pericolose spaccature verticali che fanno presagire un crollo imminente.
² Per approfondire l'importanza di questo sito vi consiglio di leggervi i post: L'Epigrafe della Biblioteca di Piazza; Beato frat'Innocenzo Milazzo; Conventi Francescani sfortunati/1 e Conventi sfortunati/2;
³ Nel 1860 per le leggi "Siccardi" del nuovo Governo Piemontese, che venne a "liberarci" dal giogo Borbonico, tutti i beni ecclesiastici passarono allo Stato. Tutto ciò che non potè essere trasferito in Piemonte fu venduto alla borghesia capitalistica isolana. Quest'ultima, non avendo disponibilità finanziarie per le migliorie fondiarie e per il pagamento dei salari ai braccianti, provocò il fenomeno dell'emigrazione verso gli Stati Uniti e l'Europa. In questo modo fu negata la promessa che Garibaldi aveva fatto ai Siciliani: "Le terre demaniali ai contadini siciliani combattenti con me per la causa italiana.". Come si suol dire "curnuti e bastuniati".  A tal proposito consiglio, per aprire un po' gli occhi dopo tanto tempo, la lettura del libro di Pino Aprile, Terroni, Ed. PIEMME, MILANO 2010.
   cronarmerina.it
Leggi tutto...

La foto conferma "u p'sciarö"

 
 
Il mio amico Pino, è riuscito a recuperare una foto che ritrae a sc'nnùa (o a cianàda) d' Santu Stéfu negli anni 30/40. Guardandola bene, sono riuscito a distinguere il vespasiano di cui ci parla il poeta-falegname piazzese Carmelo Scibona (1865-1939) nella sua poesia in gallo-italico U p'sciarö di Buttieddi che riporto nel post del 23 luglio 2015. E' proprio quella cabina in metallo segnata dalla freccia sötta u bastiöngh du ciàngh Duiliu. Oltre o p'sciarö si osserva la completa assenza di auto in circolazione, l'esigua quantità di pedoni e la folta e rigogliosa villa/giardino Umberto I altrimenti chiamata a villa e badàgghi (la villa agli/degli sbadigli dove si andava a oziare) che successivamente venne occupata dal grande cinema Ariston negli anni 50. Il monumento al re d'Italia Umberto I¹ che stava al centro della villa fu spostato più in alto, dove si trova ora, accanto alla Commenda di S. Giovanni Battista intesa anche "dei Cavalieri di Malta". 
 
¹ Re Umberto I (1844-1900) fu Re d'Italia dal 1878 ed ebbe due soprannomi. Il primo fu "Re buono" per il suo atteggiamento nel fronteggiare sciagure come quella dell'epidemia di colera a Napoli nel 1884; il secondo "Re mitraglia" fu affibbiatogli dagli anarchici per il suo duro conservatorismo e per aver avvallato le dure repressioni dei moti popolari del 1898 (a Milano ci furono centinaia di morti e migliaia di feriti). Nell'arco di 22 anni fu oggetto di almeno tre attentati, quello subito a Monza il 29 luglio 1900 gli fu fatale.
Altri post sull'argomento: Quando scappava... ; Pecunia non olet ; Quando scappava negli anni 30/2 .
cronarmerina .it
Leggi tutto...
Sottoscrivi questo feed RSS

Ricerche Storiche

Censimenti

Storia Civile

Storia Ecclesiastica

Curiosità

Come Eravamo