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Cronarmerina - Aprile 2025

Chi vince e chi perde? 4 e ultimo

Parte 4^ e ultima

(dalla Parte 3^) È un’idea consolidata che al termine dei conflitti militari tra nazioni e, nelle stesse nazioni tra connazionali, la storia con la esse minuscola o maiuscola venga scritta da chi ha avuto la meglio, se di "meglio” si può parlare quando i morti da ambo le parti, accatastati l’uno sull’altro, raggiungono l’altezza di colline se non di montagne. La stessa cosa è stata fatta nella nostra Italia, per esempio quando i Piemontesi sono venuti a “liberarci” nel 1860 o quando si è concluso il secondo conflitto mondiale nel 1945. Ma penso che dopo settant’anni si possa benissimo toccare l’argomento che il titolo del libro di Giampaolo Pansa Il sangue dei vinti rende esplicito. Dopo vent’anni di governo fascista e dopo tre anni di guerra, che videro gli italiani a fianco dei Tedeschi combattere contro gli Alleati, l’8 settembre del 1943 il re Vittorio Emanuele III firmò segretamente un armistizio con gli Alleati a Cassibile (Siracusa) e, di conseguenza, da un giorno all’altro, coloro che erano stati nemici divennero amici, gli amici si trasformarono in nemici. Adesso, con le varie esperienze alle quali i nostri politici ci hanno abituato, può sembrare “normale” una tale inversione a U, ma chi aveva vissuto per oltre due decenni sotto l’influenza di un movimento a carattere nazionalista, autoritario, totalitario, rivoluzionario e reazionario, il minimo che possa aver provato è un senso di smarrimento e confusione. In mezzo a questo vero e proprio marasma, l’italiano fu costretto coscientemente, ma il più delle volte incoscientemente, a scegliere da che parte stare. Rimanere fedele, costi quel che costi, agli ideali fascisti avuti inculcati sin dalla tenera età, o saltare sul nuovo carro (specialità questa in cui ci siamo distinti da secoli) che ci sembra più confortevole e, soprattutto, vincente? Infatti, la mattina del 9 settembre di quell’anno, migliaia e migliaia di soldati, e anche civili, non seppero che fare: continuare a combattere con gli ex alleati (i Tedeschi) contro gli ex nemici (gli Anglo-Americani), o combattere a fianco dei nuovi alleati (gli Anglo-Americani) contro gli ex amici (i Tedeschi)? Fu in quel momento che come nel Medioevo, milioni di connazionali si divisero non solo militarmente, in due fazioni, i Guelfi e i Ghibellini di una volta, ovviamente con le differenze del caso e del periodo. Parte degli Italiani ritennero di opporsi al nazifascismo conducendo una guerra di liberazione dando vita alla Resistenza Partigiana, altri decisero di far parte della Repubblica Sociale Italiana, al fine di governare i territori italiani rimasti sotto controllo militare dei Tedeschi, il tutto racchiuso in tre parole orribili, “guerra civile e fratricida”. Tutto ebbe fine dopo 19 mesi, nell’aprile del 1945, con la resa incondizionata di Caserta con la quale si sanciva la definitiva sconfitta delle forze armate nazifasciste in Italia. Ebbe fine per modo di dire. Per tanti, invece, si apriva la “resa dei conti” che per quanto comprensibile per le atrocità e le violenze gratuite perpetrate da tedeschi e italiani verso la popolazione civile, racchiude sempre il pericolo dell’applicazione di una giustizia sommaria, facendo di tutta l’erba "un fascio”, anche per paura che i fascisti violenti potessero cavarsela rapidamente, come in effetti avvenne per molti gerarchi che si riciclarono nei nuovi partiti politici. Nel suo libro Gianpaolo Pansa scrive «Dopo tante pagine scritte, anche da me, sulla Resistenza e sulle atrocità compiute dai tedeschi e dai fascisti, mi è sembrato giusto far vedere l’altra faccia della medaglia. Ossia quel che accadde ai fascisti dopo il crollo della Repubblica sociale italiana, che cosa patirono, le violenze e gli assassinii di cui furono vittime. In tutte le guerre, e specialmente nelle guerre civili, chi perde paga… Se scruto dentro di me, m’accorgo che sono diventato meno manicheo. Prima ero incline a dividere il mondo in amici e nemici. E a distinguere con intransigenza il bene dal male. A proposito della guerra civile, il bene era la Resistenza, il male i fascisti. Oggi non sono più sicuro di questa spartizione netta. Parlo della storia delle persone, naturalmente. Non della grande storia, ossia dello scontro fra democrazia e totalitarismo».  
Dopo la lunga ma doverosa introduzione, eccovi l’elenco dei Caduti piazzesi della Repubblica Sociale Italiana tratto dall’elenco segnalatomi e che si trova sul sito «L’ALTRA VERITÀ- Gruppo di Ricerca Storica - Elenco Caduti RSI aggiornato e scaricabile in Pdf - Elenco “Livio Valentini” aggiornato al Dicembre 2014». In esso sono elencati oltre ai nomi dei Caduti e Dispersi delle Forze Armate, delle Organizzazioni Statali della Repubblica Sociale Italiana (RSI) e del Partito Fascista Repubblicano (PFR), anche nominativi di quei civili che, pur non avendo una precisa qualifica politica, risultano soppressi da forze partigiane per motivi che vanno dal politico al criminale o comunque in odio al Fascismo. Scorrendo l’elenco con circa 47.000 nominativi si trovano dei piazzesi, 12 per l’esattezza, di cui nessuno ha mai parlato. Eccoveli:
1. Pag. 230/1181, CARBONE Salvatore, Grado: Civile, Arma o Corpo: Partito Fascista Repubblicano, Professione: Ingegnere/dirigente alla FIAT di Torino, di Giuseppe nato a Piazza Armerina (Enna) l’11/10/1897, residente a Torino dal 1919, domiciliato in piazza Madama Cristina 2/bis. Prelevato il 3/5/1945 da partigiani sconosciuti dalla sua abitazione fu trascinato sopra un'automobile. Il cadavere fu rinvenuto lo stesso giorno in via S. Quintino angolo Corso Galileo Ferraris. "Gerarca giustiziato" secondo un rapporto del 3 maggio 1945 della polizia partigiana dei GAP. Fu sepolto il 6 maggio nel campo F del cimitero Generale di Torino tomba n. 419. La morte fu denunciata dal Cimitero generale allo Stato Civile il 18/5/1945, traslato dal campo F, ora è sepolto sempre nel cimitero monumentale di Torino presso l'Ampliazione 7 Campo I-Cripte Unif. Cellette Cripta Unifamigliare.
2. Pag. 313/1181, CONTI Edoardo, Grado: Capo di 3^ Classe (Ruolo dei Marescialli Sottufficiali Marina Militare), Arma o Corpo: X MAS, Reparto: Battaglione Nuotatori Paracadutisti, di Saverio nato a Piazza Armerina (Enna) il 14/9/1901, Caduto il 7/2/1945 a Peschiera (Verona).
3. Pag. 407/1181, DRAGOTTA Francesco, Grado: Milite, Arma o Corpo: Guardia Nazionale Repubblicana,  Reparto: Milizia Difesa Territoriale-Ferroviaria, di Giuseppe nato a Piazza Armerina (Enna) il 6/9/1913, Caduto il 20/11/1944 presso la linea ferroviaria Divaccia-Sesana (Trieste).
4. Pag. 438/1181, FERRANTE Concetto Guglielmo, Grado: 2° Capo Guardia, Arma o Corpo: Polizia Repubblicana, Questura di Trieste, di Giulio nato a Piazza Armerina (Enna) il 24/9/1916, Disperso il 13/5/1945 a Trieste.
5. Pag. 487/1181, GAGLIANO Salvatore, Grado: Soldato, Arma o Corpo: Esercito Nazionale Repubblicano della Repubblica Sociale Italiana, Reparto: Terr. 3^ Cp. San., di Gaetano nato a Piazza Armerina (Enna) il 15/2/1924, Morto in incidente per annegamento il 18/5/1944 a Pavia.
6. Pag. 718/1181, MILAZZO Matteo, Grado:Tenente, Arma o Corpo: Forze Armate Repubblicane,  di Giuseppe nato a Piazza Armerina (Enna) di anni 56 ivi residente, Caduto il 7/8/1945 a Vicenza.
7. Pag. 809/1181, PARASOLE Santo Mario (chiamato "Santi" nell'elenco del prof. Nigrelli riportato nella 1^ Parte) Grado: Finanziere, Arma o Corpo: Guardia di Finanza Repubblicana, Reparto: 3^ Legione, di Benedetto nato a Piazza Armerina (Enna) di anni 39 residente a Mantova, deceduto per malattia l’11/12/1944 a Como.
8. Pag. 811/1181, PARISI Carmelo, Grado: Squadrista, Arma o Corpo: 12^ Brigate Nere Augusto Felisari, Organizzazione Politica: Partito Fascista Repubblicano, nato a Piazza Armerina (Enna) il 27/1/1897, Fucilato l’1/5/1945 a Cremona.
9. Pag. 897/1181, QUINTO Guglielmo, Grado: Civile, di Filippo nato Piazza armerina (Enna) di anni 23, Fucilato il 18/8/1944 presso il bosco di Rezzo (Imperia).   
10. Pag. 1001/1181, SCHEMBRA Domenico, Grado: Guardia, Arma o Corpo: Polizia Repubblicana, di Cristoforo nato Piazza Armerina (Enna) di anni 27, Fucilato il 13/10/1944 a Carpasio (Imperia).
11. Pag. 1040/1181, SPECIALE Gaetano, Grado: Caporale, Arma o Corpo: 1^ Divisione Bersaglieri Italia, di Carmelo nato Piazza Armerina (Enna) il 5/11/1922, Disperso il 30/9/1944 a Heuberg (Germania).
12. Pag. 1070/1181, TERMINI Ernesto, Grado: Maresciallo, Arma o Corpo: Guardia Nazionale Repubblicana, Reparto: CP.VC.-604^, Fucilato il 16/5/1945 a Varallo-Roccapietra (Vercelli), seppellito presso il cimitero di Piazza Armerina.

RIEPILOGANDO, IL TOTALE COMPLESSIVO DEI CADUTI PIAZZESI DURANTE LA SECONDA GUERRA MONDIALE FU:

62 libro Nigrelli+1 agg. succ. né libro né lapide+71 libro Nigrelli+4 no libro sì lapide+2 né libro né lapide+1 partigiano+11 RSI=152.

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Amatric'era

Il terremoto che ha distrutto ieri paesi interi dell'Italia Centrale ha riaperto nuovamente la ferita. Oggi il mio post pieno di amarezza e dolore.

«Era il maggio del 1976. Mi trovavo in Friuli per il servizio militare. Una sera alle 21, dopo aver telefonato a Piazza, la fine del mondo, il terremoto, che poi si ripeterà nel settembre dello stesso anno. Chi ha vissuto questo tipo di eventi difficilmente potrà dimenticarli per tutta la vita, ovviamente se è rimasto vivo. Cambia tutto, cambia la vita di ognuno per sempre e nei primi giorni sembra di essere su un altro pianeta. Scusate ma sto piangendo solo a pensarci e a pensare a quello che stanno passando in quei paesi dell'Italia Centrale. È dura, troppo dura... ricominciare».

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Ricordi inediti su P. Carmelo Capizzi/8

Università di Colonia (Germania)

Ricordi e fatti inediti/8

P. Carmelo da studente a professore all’Università di Colonia
Come sappiamo dalla sua autobiografia, il gesuita Carmelo Capizzi studiò e si specializzò in Arte e Storia bizantina in Germania e, nel 1969, fu promosso con il titolo di Honorar Professor für Byzantinistik. Con tale titolo egli poteva insegnare Bizantinistica in tutte le università della Germania. In quegli anni la Germania era governata dal Cancelliere Willy Brandt. Uomo dal pugno di ferro, almeno così si diceva, il quale per motivi politici o per altre circostanze che non sappiamo, esonerò dall'incarico il professore di Bizantinistica all’Università di Colonia Berthold Rubin, che era stato professore del nostro Carmelo. La cattedra rimase, come si suol dire, vuota cioè senza insegnante e per tale ragione si dovette procedere alla ricerca di un nuovo professore. La scelta cadde sul professore Carmelo Capizzi che, in quel periodo, insegnava la stessa materia sia all’Università “La Sapienza” di Roma e sia al “Pontificio Istituto Orientale” di Roma. Ragion per cui, si trovò a gestire nello stesso tempo e per tre anni accademici, ben tre cattedre universitarie.


Carmelo viene promosso professore in Lingua Francese
Un po' di anni fa, nelle scuole italiane, come lingua straniera, si studiava principalmente il francese. Mio fratello lo studiò per cinque anni al ginnasio. In seguito, come sappiamo, dopo il liceo, fu mandato ad Acireale per fare il prefetto di camerata e nello stesso tempo per fare l'insegnante ai ragazzi del collegio “Pennisi” di quella città. Come se non bastasse, egli nel contempo studiava per laurearsi in lettere e proprio in uno di quegli anni, venne a mancare, non so per quale motivo, il professore di francese. Allora i superiori dovettero decidere di trovare un altro insegnante e la scelta cadde proprio su Carmelo, che naturalmente accettò anche questo nuovo incarico. Il neo-insegnante, oltre a studiare le sue materie ebbe da studiare anche il francese per meglio poterlo insegnare agli alunni. L'anno scolastico andò benissimo, sia per lui che per gli studenti. Egli in quell'anno, il 1956, si laureò in lettere con il massimo del punteggio e quindi chiese alla Commissione di essere esaminato anche sul francese, non per avere un altro titolo, ma semplicemente per soddisfazione personale. La richiesta venne accolta, il nostro professore fu esaminato anche su quella materia linguistica, ottenendo un punteggio molto buono, 9/10, tanto che i professori di commissione volevano dargli un'altra laurea per quella materia, ma egli rifiutò perché lui studiava le lingue per pura passione e conoscenza.

continua in Ricordi inediti su P. Carmelo Capizzi/9

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Edicola n. 40

Questa è l'Edicola Votiva n. 40 e si trova, anche questa, in via Ortalizio come la n. 39, che si scorge dietro la statua. Sicuramente è stata realizzata dallo stesso devoto e raffigura la Madonna dell'Immacolata posta sotto un arco in legno alla cui sommità si trova una semplice lampada a illuminarla.

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Chi vince e chi perde? 3

Parte 3^

(dalla Parte 2^) Il prof. Ignazio Nigrelli nel suo libro Per non dimenticare del 1999 «vuole prelevare dai tragici avvenimenti della seconda guerra mondiale, fatti raccontati fuori dal circuito ufficiale, da chi li ha vissuti in prima persona e contro la propria volontà, per testimoniare ai giovani e agli adulti non coinvolti il valore della pace» e perciò, in collaborazione col Presidente dell’Università Popolare del Tempo Libero, Filippo Acquachiara¹ e di due giovani piazzesi², si serve delle testimonianze dei seguenti

19 Reduci Superstiti:

Anzaldi Angelo Soldato, P. Arm. classe 1916,
Arena Calogero Marinaio, P. Arm. classe 1923,
Benedetto Ambrogio Soldato, Ramacca classe 1913,
Bonifazio Aldo Sottotenente, P. Arm. classe 1920,
Bruno Concetto Marinaio, P. Arm. classe 1922,
Capizzi Salvatore Aviere, P. Arm. classe 1920,
Cirrone Francesco Giuseppe Sottotenente, Mirabella Imbaccari classe 1914,
Cordaro Rosario Aviere, P. Arm. classe 1918,
Grillo Giuseppe Soldato, P. Arm. classe 1916,
Guccio Calogero Marinaio, P. Arm. classe 1919,
La Delia Francesco Soldato, P. Arm. classe 1914,
Lionti Angelo Vice Brigadiere Carabinieri, P. Arm. classe 1920,
Manuella Salvatore Soldato, P. Arm. classe 1915,
Milazzo Salvatore Bersagliere, partigiano col nome di battaglia “Enna”, P. Arm. classe 1922³
Pocorobba Concetto Soldato, P. Arm. classe 1914,
Rizzo Mario Aviere, P. Arm. classe 1918,
Salvaggio Concetto Soldato, P. Arm. classe 1922,
Schillaci Onofrio Tenente, Birmingham (U.S.A.) classe 1917,
Urzì Angelo Capitano Artificiere, P. Arm. classe 1904.

¹ Venuto a mancare proprio in questi giorni, il 27 luglio 2016.
² Di Giorgio Filippo e Lavore Francesco.

³ Venuto a mancare nel 2007.

(continua)

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La nostra Cattedrale

Quando si avvicinano le feste, specie quella del Ferragosto, alla Signora del Nord tornano alla mente tanti ricordi assieme alla malinconia e <<visto che neanche quest'anno riuscirò ad essere nella nostra Città per Ferragosto, ho pensato di esserci virtualmente attraverso questo scritto su quella Chiesa tanto amata e frequentata anche e soprattutto in questo periodo. Grazie per il contributo al superamento di tanta nostalgia attraverso la sua eventuale pubblicazione>>. 

LA NOSTRA CATTEDRALE

Punto nodale della città, si erge bella, elegante, maestosa ma non superba.
Mix di stili ben amalgamati e fusi a creare un insieme di gialla e dorata arenaria, la cui vista non stanca l'occhio che, anzi, è spronato a riguardare per meglio coglierne i particolari come il variare delle altezze ed a stupirsi dell'armonia raggiunta da tante tessere.
La più alta di esse, la cupola, è come il sobrio cappello di una vecchia ed elegante signora di tanti anni fa ai cui piedi si attorniano colonne, portali ed un campanile, vecchio gioiello, più vecchio di lei, non suo rivale ma compagno amoroso.
Erta sul colle, questa chiesa MADRE pare circondata e protetta dalle tante e diverse realtà architettoniche sorte nel tempo e nella Storia di una città che mai può perderla di vista.
Ha l'aria di un castello inespugnabile ed insieme di un porto sicuro perché a nessun “navigante” nega la guida di FARO luminoso anche nelle “nebbie” più fitte.
Essa sembra ammirare con occhio amorevole e, talvolta, sornione queste sue “truppe” diversamente datate e colorate.
A tutti pare che dica “io sono qua, venitemi a trovare, ho molto da offrirvi”.
Dicono di lei che se potesse parlare, usando l'antico vernacolo, così si esprimerebbe:  
Venzà, bèu fìggh, straniu o paisàngh;
cu costa aria e costa MAD'NNÙZZA
t'àia lianèr¹ p' forza, d' dìntra e d' föra”.

Una Signora del Nord

¹ Lianèr = alienare; Lianèrs = divertirsi, gioire, alienarsi dai fastidi della vita.

² Della stessa autrice Buona Pasqua da lontano e Chi la dura la vince.

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Pr'p'ttöngh

Pr’p’ttöngh

Quànta gént s r’gòrda a Pr’p’ttöngh                     
cu a fàcci d bancöngh nu bastiöngh
V’stù cu quàttr ‘mbrögghi d’ surdà
era du pòpulu a curius’tà
Cu ‘npara d st’vàli e ‘npastràngh
ch’ si t’nèva stétti tutt l’ann.

Döi lànni au bràzz, t’nùi cû ferr’f’là
er’nu i so scuèddi e p’ess armà
Quàttr prèietti, e annan p’ a vìa
cu i lànni fasgèv’nu battarìa.

Campàva lannunà a Ciàzza Ciàzza
e sp’ttàva a guastèdda ntâ b’sàzza:
L’avànzi dî lucànni e dî butè
com ‘ncàngh s’ l’annàva a mangè.

Amìsgi p’ a pedd n’ t’nèva assài
nên putèva cuntè né ddascè mai
Î st’màva còm a vìsta d l’oggi:
er’nu i so pùl’sgi e i so piöggi.

L’andröngh t’nù avèrt d’ogn palàzz
era u lucàu p’ cunzèss u giàzz
E quànn v’nèva u cìngh d l’està
s’annàva cucchè föra da c’ttà.

S’ au paìs s cubàva pa calùra                                    
sötta u bòsch â B’ddèa mènz a fr’scùra
‘N dd furchiöngh d c’mènt armà
s s’ntèva còm a ‘nrànn pascià.                            

Quànn annàva tampasiànn a vìa vìa
cu era era ggh fasgèva ddargàsìa
E allöra u pav’röm d Pr’p’ttöngh
putèva passè p’ vèru baröngh.

Ma non era né serv e né patröngh
p’rchì non ggh stàva a ‘sta d’v’siöngh
‘Npanètt, ‘na giurnàda senza vént
ggh bastàv’nu p’ fèlu cuntént.

Ma bastàva ‘ncarös fèrm a taliè
ch’ già tutt f’rös p’gghiàva i pré
S’ u cam’sgiòtt griàva: “Pr’p’ttöngh!”              
‘nfurià ggh t’ràva i pré e u bastöngh.

E sia d v’sgìngh ch’ d dduntàngh
cu ddi còpi fasgèva sèmpr dànn.
U carös d tànn era ‘ncuiatös
e iéu s fasgèva ciù p’r’culös.

E quànn u dd’vànu di pè pè
dduntàngh di so r’fùggi annà truvè
A pul’zìa e tutti i cumud’tà
ma poch campà, pr’và da l’bertà.
 
Francesco Manteo     
 

Traduzione

Polpettone
Quanta gente si ricorda di Polpettone
con la faccia di bancone sul bastione
Vestito con quattro indumenti di soldato
era del popolo la curiosità
Con un paio di stivali e un pastrano
che se li teneva stretti tutto l’anno.

Due lattine al braccio, tenute col fil di ferro
erano le sue scodelle e per essere armato
Quattro pietruzze, e andando per la via
Con le lattine facevano rumore.

Viveva abbandonato a Piazza Piazza
e aspettava il pane nella bisaccia:
Gli avanzi delle locande e delle botteghe
come un cane se li andava a mangiare.

Amici per la pelle ne teneva assai
non li poteva contare né lasciare mai
Li stimava come la vista degli occhi:
erano le sue pulci e i suoi pidocchi.

L’androne tenuto aperto di ogni palazzo
era il locale per prepararsi il giaciglio
E quando veniva il pieno dell’estate
andava a coricarsi fuori dalla città.

Se al paese si soffocava per la calura
sotto il bosco della Bellia in mezzo la frescura
In quel rifugio di cemento armato
si sentiva come un gran pascià.                            

Quando andava vagabondando di via in via
chiunque gli faceva largo
E allora il poveruomo di Polpettone
poteva passare per vero barone.

Ma non era né servo e né padrone
perché non condivideva questa divisione
Un panetto, una giornata senza vento
gli bastavano per farlo contento.

Ma bastava un ragazzo fermo a guardare
che già tutto feroce prendeva le pietre
Se il monello gridava: “Polpettone!”
infuriato gli tirava le pietre e il bastone.

E sia di vicino che da lontano
con quei colpi faceva sempre danno.
Il ragazzo di allora era molesto
e lui si faceva più pericoloso.

E quando lo tolsero dalla circolazione
lontano dai suoi rifugi andò a trovare
La pulizia e tutte le comodità
ma poco campò, privato della libertà.

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Significato di Pr'p'ttöngh

Pr'p'ttöngh in un disegno del prof. Gioacchino Fonti

Prima di proporvi nel prossimo post la poesia Pr’p’ttöngh del poeta piazzese Francesco Manteo, desidero far presente che anche a Piazza ci sono stati i senzatetto, i barboni, i vagabondi, gli emarginati, i randagi, i senza dimora, i mendicanti, gli accattoni, oggi chiamati in maniera edulcorata clochards oppure homeless, senza però per questo riuscire a diminuirne la gravità sociale. Tra i tanti del tempo passato, uno di questi homeless piazzesi degli anni Sessanta è rimasto particolarmente nei nostri ricordi, Pr’p’ttöng. Per la traduzione di questo termine esistono diverse tesi.
La prima è la più semplice: Pr’p’ttöng derivante da Prup’ttöngh che nel suo vocabolario del 1990 il Fonti traduce in Polpettone, considerando il fatto che, solitamente, il vagabondo o l’emarginato pur di mettere qualcosa sotto i denti per sopravvivere, è costretto a mangiare un po’ di tutto facendone un “polpettone” vestendosi alla rinfusa, con quello che trova.
La seconda tesi è Pr’p’töngh derivante da P’ptöngh che Fonti traduce a pag. 163 in “Uppa”, senza dubbio un errore di stampa perché voleva scrivere “Upupa” uccello diffuso alle nostre latitudini, e in “Bubbola” ovvero Bugia, Fandonia.  
La terza è che P’ptöngh deriverebbe dal verbo P’p’ter che vuol dire "Balbettare", come potrebbe aver fatto il vagabondo mentre parlava.
La quarta tesi ha qualche fondamento storico perché raccontatomi da mio padre Gino, classe 1921 e che, secondo me, potrebbe avvicinarsi alla verità, anche perché il termine palermitano/siciliano Pipituni, e quindi Pipitone, significa appunto “Upupa” (a questo uccello è stato dato il nome di Pipituni principalmente per il suo canto a intermittenza “pi pi, pi pi pi"). Eccovi il racconto: <<Il signor Pipitone, cognome questo molto diffuso a Palermo, era un uomo molto alto, di origine palermitana, che abitava in via Santa Chiara dietro al Magistrale e, storpiando il cognome, cosa che prima avveniva di frequente, gli fu dato il soprannome (‘ngiùria) di “Pruptùn”, alla ciaccësa Pr'p’töngh. Quest’uomo usava portare una mantella di color marrone chiamata scapulara (una sorta di gabbana contadinesca con cappuccio, tessuta a mano con lana grezza, colorata di nero, senza maniche che ricopre la persona che la indossa a guisa di un mantello) che alla sua morte fu regalata al barbone Carmelo Procaccianti il quale, da allora, fu chiamato da tutti “Carmèlu Pruptùn”, con suo enorme disappunto. Questo barbone stazionava spesso in piazza Garibaldi accanto al portone della chiesa di Fundrò (S. Rocco) con un bastone, un sacco sulle spalle e dei recipienti di lamiera (lànne e lannètte = latte e lattine) accanto dove teneva anche delle pietre. Tra l’altro lui, per un certo periodo, si mise a vendere anche la cartapaglia gialla per involtare il pesce alla pescheria di Santa Rosolia, per 2 soldi al foglio>>. A questo punto, a Voi la scelta per quella che vi sembra più adeguata. Su questo tema su questo sito trovate anche le poesie Bön Natali, Gesù! di Aldo Libertino, Na rosa cìncu lìri di Lucia Todaro e Clochards di Tanino Platania.

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La Quindicina in Cattedrale

In Cattedrale

L'Agosto Armerino è un mese Mariano

e alla Madonna si tende la mano

Ci si alza molto presto alla mattina

per la recita della Quindicina

I devoti la dicono a memoria

e si rivive la toccante storia

Opera del grande vescovo Sturzo

frutto del suo Marianesimo aguzzo

In Cattedrale c'è un popolo unito

che aderisce a questo ammaliante rito

In questi giorni davanti l'altare

l'assembramento è come un alveare

Si prega e canta con riconoscenza

la Madre di tanta magnificienza

E da qui dove il Suo volto riluce

conforto e fiducia alla gente induce.

Francesco Manteo, 7 agosto 2016

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Chi vince e chi perde? 2

Monumento ai Caduti di Piazza Armerina

Parte 2^

(dalla Parte 1^) Gli altri 71 Caduti di Piazza Armerina-2^ Guerra Mondiale nell'elenco del libro del prof. Ignazio Nigrelli¹

Galati Salvatore, Genio Giuseppe, Gensabella Carmelo, Golino Alfonso, Golino Angelo, Golino Mario, Golino Salvatore, Grancagnolo Filippo, Grillo Alfredo, Guastella Salvatore, La Bella Rosario, La Malfa Gaetano, La Mattina Giuseppe, La Rosa Mario, Lauto Filippo (manca nella lapide del monumento ai caduti), Lavore Carmelo, Lazzara Filippo, Lentini Filippo, Libertino Salvatore, Liurno Alfonso, Lo Fermo Calogero, Lo Iacono Mario, Lombardo Alfonso, Lorito Filippo, Magliolo Salvatore, Mancuso Filippo, Mancuso Giuseppe, Mendola Calogero, Milazzo Vincenzo, Milotta Salvatore, Minolfi Giuseppe, Mirabella Filippo, Monasteri Salvatore, Monterosso Filippo, Muscia Mario, Nato Paolo, Navetta Giovanni, Nicotra Antonino, Nicotra Luigi, Nicotra Vincenzo, Paolillo Giuseppe, Paolillo Filippo, Parasole Emanuele, Parasole Santi², Parisi Carlo, Parlascino Mario, Pilotta Salvatore, Pocorobba Concetto, Prestifilippo Lucio, Principato Salvatore3, Pulici Filippo, Purrazza Angelo, Ristagno Concetto, Roccazzella Filippo, Roccazzella Giuseppe, Roccella Gustavo4, Rossello Calogero, Salemi Mario, Sarda Vincenzo, Scucchia Filippo, Sera Carmelo, Serpentino Salvatore, Spinelli Filippo, Stivala Giuseppe, Suffanti Michele (manca nella lapide del monumento ai caduti), Trebastoni Calogero5, Trombino Antonio, Ventura Sebastiano, Villari Vittorio, Zuccarello Filippo, Zuccarello Gaetano.

4 caduti di Piazza Armerina-2^ Guerra Mondiale non presenti nell'elenco del libro del prof. I. Nigrelli ma presenti sulla lapide del monumento

La Versa Giuseppe, Lionti Angelo, Stivala Alfonso e Terramagra Giuseppe.

2 caduti di Piazza Armerina-2^ Guerra Mondiale non presenti né nell'elenco del Nigrelli né sulla lapide del monumento

1) Marino Francesco Bersagliere Motociclista (P. Armerina 1920-Sfax Tunisia 1941) aggiunto il 13.6.2017 dietro segnalazione del nipote dott. Francesco Marino. 2) Calisto Calcagno Vice Brigadiere di P.S. (P. Armerina 19/12/1900-Ponte sul fiume Anapo Siracusa 10/7/1943) aggiunto il 5/11/2021 dietro segnalazione della figlia Graziella Calcagno. L'inserimento nell'elenco non è stato effettuato prima per una svista del prof. G. Masuzzo.

1 partigiano di Piazza Armerina sopravvissuto

La Marca Giuseppe Pietro Paolo, Ammiraglio Medaglia d'Oro al Valor Militare per la Resistenza contro i tedeschi (P. Armerina 1905-Roma 1989).

1 partigiano di Piazza Armerina caduto e compreso sia nell'elenco del prof. Nigrelli che in quello sulla lapide

Principato Salvatore, Maestro elementare, Antifascista attivo nel movimento "Giustizia e Libertà" con lo pseudonimo "Socrate" muore fucilato (P. Armerina 1892-Milano Piazzale Loreto 1944).

1 Partigiano reduce

Milazzo Salvatore, Bersagliere VI Reggimento Bersaglieri, Brigata Partigiana "Garibaldi", nome di battaglia "Enna" (P. Armerina 1922-P. Armerina 2007).

 

(continua nella 3^ Parte dove si parla dei Reduci superstisti e nella 4^ e ultima parte dove sono elencati i 12 caduti piazzesi della Repubblica Sociale Italiana, di cui uno nel presente elenco dei 71).

¹ Ignazio Nigrelli, Per non dimenticare, NovaGraf, Assoro 1999, p. 122.

² È lo stesso Parasole Santo Mario Finanziere della Guardia di Finanza Repubblicana morto l'11/12/1944 a Como per malattia, che troviamo anche nell'elenco "Livio Valentini"-Caduti RSI (Repubblica Sociale Italiana).

3 Principato Salvatore lo troviamo anche come unico "partigiano di Piazza Armerina caduto" (P. Armerina 1892-Milano 10/8/1944).

4 Roccella Gustavo, Tenente Medaglia d'Oro al Valor militare, morto ad Amba Alagi, Africa Orientale Italiana nel 1941, abitava a Piazza in via Mendozza 7.

5 Lo zio di Calogero, Trebastoni Carmelo reduce della 2^ Guerra Mondiale, fu tra i promotori delle tre lapidi in marmo, due grandi e una più piccola, con i nomi dei caduti nella 2^ Guerra Mondiale, affisse successivamente sul monumento ai caduti nella 1^ Guerra Mondiale sul Piano Duilio, dall'aprile 2014 Piazzale Gen. Litterio Villari.

cronarmerina.it

 

 

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