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Cronarmerina - Dicembre 2015

La rivoltella

 

Lo sapete con quale nome curioso veniva chiamato la rivoltella o revolver nella nostra lingua gallo-italica?

E' stato indovinato il nome. Domani mercoledì la soluzione completa.

cronarmerina.it

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A Piazza Armerina

 

Dedicata alla mia bella città

A Piazza stasera
il cielo di stelle è già pieno,
orsù Madre Santa, esercito schierato
a battaglia che trionfa sul male
si erge la tua Cattedrale.
 
Superba mole, innalzata per te
in questo colle Armerino,
distesa ai tuoi fianchi.
o dolce Maria che ci guardi
con occhi stanchi.
 
Antichi palazzi, bellissime chiese
che d'arte son ricche.
E tutti s'inchinano
a te Gran Signora.
 
La piazza che sotto il cuore
declina splendore ti porge.
Dirama i suoi occhi stretti 
e le strade allontana.
 
Ma forgia bellezza ogni passo,
se già da lontano ti guardo
stupendo paesaggio.
 
O mia Piazza Armerina
da tutti i quartieri stupenda,
dal Monte ai Canali,
dal Casalotto alla Castellina.
 
Roberto Lavuri

 

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U Campanaru

Questo era (non so se viene ancora praticato) un gioco esclusivamente femminile. Infatti, non mi ricordo di aver visto maschietti giocare in questo modo, come altrettando raro era vederli alle prese del salto della corda o ai quattro cantoni. U campanaru era uno dei giochi più antichi praticati all'aperto. Una volta disegnata col gesso (recuperato da qualche vecchio muro, ma quello preso in "prestito" da scuola era migliore) la campana veniva divisa in caselle numerate. Si lanciava un sasso piatto nella prima casella e lo si raggiungeva saltellando su un piede solo, senza pestare le linee e senza perdere l'equlibrio. Se si verificava una di queste infrazioni si doveva iniziare da capo o addirittura esclusi, se i concorrenti erano molti. Una volta raggiunti il sasso lo si doveva spingere col piede a terra nella casella successiva sempre senza calpestare le linee. Nelle caselle trasversali si doveva entrare contemporaneamente a gambe divaricate. Una volta recuperato il sasso si tornava indietro, sempre saltellando come all'andata, per lanciarlo nella casella successiva, sino all'ultima in cima al campanaru (campanile). Arrivati in quest'ultima si decideva se continuare aggiungendo delle difficoltà, come percorrere il tragitto col sasso in testa o a occhi chiusi. Ovviamente vinceva chi completava per prima il percorso netto. Mi ricordo che certe volte io e i miei compagni ci ritrovavamo seduti sul marciapiede che guadavamo lo svolgimento di questo gioco un po' storditi, anche perché stremati dai nostri giochi un po' più "vivaci". Durante questa pausa, con tutti gli sforzi che facevamo, non capivamo come ci si potesse divertire con un gioco che non comprendesse grida, spintoni, scivolate, capriole, ginocchia sbucciate, calci, lanci, pugni, sputi e parolacce e, per di più, saltando con un piede dentro un campo ben delimitato. No, decisamente non era per noi ! Gaetano Masuzzo/cronarmerina.blogspot.it    
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Oggi u F'stìngh pa Santa

 

 Oggi a Palermo si festeggia il 389° Festino per Santa Rosalia, in ricordo del ritrovamento del corpo della Santa che, portato in giro per le trade, salvò la città e tutta l'Isola dall'epidemia di peste. Ma non ci può essere FISTINU senza retroscena gastronomico. A fare da cornice ai momenti religiosi e alla grande festa ci sono le immancabili bancarelle appartenenti agli acquaioli e ai siminzari. Questi vendono lupini, calia, miricanella, cruzziteddi (castagne secche) noci e simenza, ovvero tutto quello che va sotto il nome U'SCACCIU. Ma soprattutto non ci può essere Fistinu senza i babbaluci. Il famoso detto palermitano sostiene che: "Babbaluci a sucari e fimmini a vasari nun ponnu mai saziari". Gaetano Masuzzo/cronarmerina.it

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Famiglia Palermo

Partito: nel primo un grifo rampante d'azzurro sormontato da un lambello di rosso con tre gocce in campo d'oro; nel secondo d'azzurro al leone leopardato d'oro sostenente sul dorso un giglio d'argento.
Famiglia piazzese della quale il primo nominativo è quello di Pietro de Palermo che nel 1482 è tra i quattro rappresentanti borghesi inviati a Palermo dal Viceré. 1637 Leonardo di Palermo è consulente (consigliere comunale). 1643 Diego Palermo-Crescimanno è Cavaliere Ospedaliere di Malta e poi diventa baglivo di Venosa (prov. Potenza). 1681 Andrea Palermo è capitano di giustizia. 1704 ca. don Giacinto Palermo è decano della Collegiata del Duomo e nel 1714 a lui e al sacerdote Geronimo Palermo vengono confiscati i beni per aver rispettato l'interdetto fuggendo da Platia. 1711 Vincenzo Palermo è giudice nella nostra Città. La contrada Palermi nel nostro territorio prende nome da questa famiglia. Gaetano Masuzzo/cronarmerina.it
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Il lontano 1985

L'indimenticabile stereo "mini-portatile" del 1985

 

L'85

 
Inizia da oggi l'85
pieno di speranze e ricordi.
 
Così è l'inizio di ogni anno,
durante il quale però
non tutto va come sperato,
anzi quasi tutto.
 
Ma la vita è tutta una speranza,
tutta un'attesa
che ci spinge ogni giorno 
verso la fine.
 
1 Gennaio 1985             Sergio Piazza
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Gli indispensabili TRISPI

I trispi a "riposo"

 

I trispi sorreggono l'astràtt

L'altro giorno non mi sono fatto scappare l'occasione di fotografare degli accessori d'arredo di cui si è persa la memoria. Sono quegli oggetti in ferro nella foto in alto indispensabili, sino alla metà del secolo scorso, nelle camere da letto: I TRISPI. Questo termine in dialetto piazzese moderno deriva dalla lingua gallo-italica ad a ciaccësa più antica TRÈS'P'T = TRESPOLO, TRISPITE, CAVALLETTO. Erano indispensabili perché sostenevano le tavole di legno, sostituite in seguito dalle reti metalliche, che a loro volta accoglievano i materassi. Questi di solito erano dei grandi sacchi riempiti di paglia, crine vegetale (ricavato dalla palma nana),  pezze di stoffa tagliata a listelle (più indicate però per i cuscini) e, quando c'erano i grài, di lana. I trispi facevano parte del corredo matrimoniale e nel prezzo del mobiliere, che vendeva la camera da letto alla famiglia della sposa, era assodato che fossero compresi. A volte erano comprese anche le tavole, 6 per il letto grande e 3 per il piccolo, di faggio, ma anche d'abìtu se si voleva spendere di meno. La fornitura del crine era monopolio dei forestieri, specie di Sanm'c'lisi (di San Michele di Ganzaria) dove abbondavano le piante di palma nana, e lo vendevano passando per le strade pesandolo cu a statìa. I cavalletti di ferro servivano pure per mettere al sole l'ASTRÀTT (foto in basso), i PÖM'DAMÖR o i PASSULÖI, e alle madri per indicare i loro ragazzi un po' vivaci, appunto TRISPI ! A proposito delle reti metalliche, le prime nel nostro territorio furono quelle ricavate dalle "grelle" lasciate dai soldati americani dopo il 1945. Le grelle erano dei pannelli metallici perforati e componibili che in tempo di guerra venivano usati per ovviare all'insabbiamento dei carri e per approntare campi d'atterraggio di fortuna. Gaetano Masuzzo/cronarmerina.it

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Fontana c.da Fratulla/n. 4

 
Continua il censimento fotografico delle tante fontane del nostro territorio con la Fontana/Abbeveratoio n. 4. Chi non è mai andato alla fontana della Fratulla? Quanto meno per girare dopo aver fatto scuolaguida (sicuramente io e qualche mio conoscente). Nei tempi andati era frequentatissima anche per il lavaggio delle auto 500, 600, 126, 127, Prinz NSU etc.
cronarmerina.it
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L'abito dei Carmelitani/2

Santo barbuto carmelitano, Masaccio 1426
Dunque il mantello striato diviene la quintessenza dell'ordine dei Carmelitani, il loro segno di appartenenza e, come tale, non si ritrova in nessun altro indumento liturgico. Proprio queste righe sono all'origine della derisione del popolo parigino e dello scandalo dei Carmelitani. Fin da subito, infatti, i frati sono additati e coperte di ingiurie: sono chiamati frères barrés ("frati sbarrati"), un'espressione particolarmente oltraggiosa perché le barres sono il marchio della condizione di bastardo. Ma perché tanto odio per le strisce? Da un lato perché rigati sono gli abiti dei musulmani ed è inammissibile che dei prelati indossino decorazioni in uso presso gli infedeli. Dall'altro, c'è una motivazione più sottile, di natura psicologica. L'uomo medievale nutre un vero e proprio orrore nei confronti delle superfici che turbano la vista dello spettatore... egli legge le immagini per piani, partendo dallo sfondo fino a giungere alla superficie. Il disegno a righe rende impossibile questa lettura: non esiste un piano dello sfondo e uno della figura, ma un unico piano con colori e disegni alternati, in cui figura e sfondo si annullano. Le strisce sono simbolo di confusione, di trasgressione delle regole ordinatrici. Da qui al dileggio il passo è breve. Tanto più che per i Carmelitani oltre a questo si sommano le accuse di cupidigia e ipocrisia: il loro vivere di elemosine all'inteno delle città non è ben visto dal resto della popolazione laica, ed essendo un ordine poco potente e non ancorato ai giochi di potere, sconta tutto ciò attraverso l'infamia di indossare un abito rigato. L'eco dello scandalo assume proporzioni sempre più vistose e si protrae per anni... resistono ancora per qualche decennio... ma alla fine sono costretti ad arrendersi: nel 1287 al Capitolo Generale di Montpellier, i Carmelitani, rinunciano alle sbarre e optano per una cappa completamente bianca. La parola fine viene scritta nel 1295, quando papa Bonifacio VIII... ufficializza l'avvenuto cambiamento con una bolla apposita, nella quale impone, inoltre, l'assoluto divieto per qualsiasi ordine religioso di indossare abiti rigati. L'abito non fa il monaco, tanto più se è un "gessato". (da G. Staffa, 101 Storie sul Medioevo, Newton Compton Ed., ROMA 2012).
cronarmerina.it
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Crescita bizzarra

  CÈ!? 

TALÈ UNN'È A F'CUDÌNNIA, 

SÖVRA A CANALÀDA! 

CÈRT CH' GGH' N'HA D FANTASÌA!

(oggi c/o Salita Cappuccini)

Gaetano Masuzzo/cronarmerina

 

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